Che dire? Niente da fare, non riesco più ad appassionarmi ai film di Wes Anderson. Mi sono bellamente annoiata. Eppure avevo una discreta aspettativa dopo la delusione di The French Dispatch, e la presenza di ben due sale del cinema 4 Fontane strapiene di giovani mi faceva ben sperare.
Invece niente. Anche a questo giro ho trovato il film di Anderson cervellotico e noioso, fatta salva qualche sporadica risata. Va detto che avevo intorno persone che ridevano a più riprese, quindi magari sono io, però tant'è.
Asteroid city è costruito nella forma del meta-film, anche se per essere più precisi si tratta di un film che racconta della messa in scena di un'opera teatrale. La cornice narrativa (in bianco e nero e in formato 4:3 o qualcosa del genere) racconta di uno scrittore, Conrad Earp (interpretato da Edward Norton), che nei primi anni '50 scrive un'opera teatrale su un paese immaginario, Asteroid city appunto, dove l'attrattiva principale è una enorme voragine, segno dell'asteroide caduto molto tempo addietro, e dove si sta per svolgere una convention di giovani interessati ai fenomeni astronomici (la rappresentazione teatrale è a colori, in particolare gialli e azzurri pastellati e sovraesposti, ispirata a un'estetica retro-futuristica, e in formato 16:9).
In questa cittadina arriva il fotografo di guerra Augie Steenbeck (Jason Schwartzman), vedovo da poco, con i suoi 4 figli, l'adolescente Woodrow e le tre pestifere bambine. L'evento da cui si innesca la trama dell'opera teatrale è l'arrivo di una navicella spaziale e l'incontro ravvicinato con un UFO a seguito del quale i numerosi personaggi convenuti nella cittadina reagiscono ognuno a suo modo, con risultati che vanno dal nonsense al ridicolo fino al grottesco. Mentre la rappresentazione teatrale va avanti, di tanto in tanto ci si sposta nel dietro le quinte di essa, dove avvengono altre vicende parallele e intersecantesi con quella rappresentata, fino alla morte dell'autore teatrale e allo scioglimento finale.
Mi sembra che Wes Anderson si stia sempre più avvitando su sé stesso, declinando il suo stile (sempre esteticamente e visivamente bellissimo e impeccabile) in mille varianti e proponendo una girandola di personaggi (interpretati sempre da attori famosissimi che ormai fanno poco più che camei), ma senza riuscire più a toccare il cuore emotivo dello spettatore.
Per me un peccato davvero, perché personalmente ritengo Anderson un regista di grandissimo talento.
Voto: 2,5/5
Assolutamente d'accordo: tutta la genalità di Anderson si è ormai trasformata in stucchevole autoreferenzialità... peccato.
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