La cronologia dell'acqua / Lidia Yuknavitch; trad. di Alessandra Castellazzi. Milano: nottetempo, 2022.
Non avrei mai scoperto questo libro se non fosse stato per la brava libraia della libreria Skribi di Conversano, sempre prodiga di suggerimenti non scontati e di spunti interessanti.
La cronologia dell'acqua è il romanzo autobiografico di Lidia Yuknavitch, ma non vi aspettate qualcosa di banale e prevedibile. E non parlo solo della storia raccontata - e la vicenda umana della Yuknavitch è tutt'altro che banale - ma anche del modo in cui viene narrata. Vi dico solo che Lidia - come lei stessa racconta - viene da un corso di scrittura tenuto da un Ken Kesey non più giovanissimo (l'autore di Qualcuno volò sul nido del cuculo e di A volte una bella pensata), e tra i suoi colleghi (e poi anche amici) c'è Chuck Palahniuk. Anche solo con queste premesse è inevitabile aspettarsi che la scrittura di Lidia sia originale e fuori dagli schemi.
Il racconto si articola in brevi capitoli che non seguono necessariamente un ordine cronologico, anzi prende avvio dall'evento probabilmente più traumatico della vita della scrittrice, la morte in pancia di sua figlia, per poi andare alla ricerca delle sofferenze, delle gioie, dei dolori e delle strategie adottate dall'infanzia fino all'età adulta. Lidia ha un padre abusante, una madre alcolista e poco protettiva, una sorella che ama ma che va via di casa alla prima occasione, e soprattutto una grande passione: l'acqua, che attraverso il suo talento come nuotatrice le darà l'occasione di una borsa di studio per uscire dalla casa paterna. In quel momento però Lidia è a pezzi e finisce per sfasciarsi ulteriormente: droghe, alcol, matrimoni falliti, amori e sesso più o meno estremi, eccessi di vario genere, che le sottraggono anche le occasioni che la vita le offre. La scrittura - come l'acqua - attraversa tutti questi momenti, e nel leggere questo romanzo vediamo questa scrittura mimetizzarsi con lo stato d'animo della protagonista sia nel ritmo che nei costrutti, tra l'altro oscillando tra l'essere fortemente esplicita e l'essere profondamente riservata.
Saranno l'incontro con Andy prima e la nascita del figlio Miles dopo ad aiutarla a curare le proprie ferite, ad avere compassione verso sé stessa, a non autoinfliggersi sofferenze e punizioni, e a consentirle di ritrovare una centratura e un equilibrio, a loro volta certamente unici e originali, ma in cui Lidia ritrova sé stessa e riesce persino a dare un senso e a fare pace con il passato.
Quello della Yuknavitch è un libro sicuramente potente, e al di là del fatto che si siano vissute o meno esperienze così forti come le sue non è difficile empatizzare con la protagonista ed entrare in risonanza con i suoi stati d'animo. Per me questo effetto ha funzionato a fasi alterne: a volte mi sono sentita più coinvolta, altre volte più distante, ma non ho mai smesso di apprezzare la brutale sincerità con cui la scrittrice si dà in pasto al lettore.
Alla fine della lettura - come spesso mi accade nel caso dei libri autobiografici - mi chiedo dove attingerà a questo punto la sua scrittura; vero è che ci sono scrittori - vedi la Annie Ernaux - che hanno continuato a scrivere di vicende autobiografiche in tutti i loro libri senza ripetersi mai. Chissà se la Yuknavitch riuscirà a fare altrettanto.
Voto: 3,5/5
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