Americanah / Chimamanda Ngozi Adichie; trad. di Andrea Sirotti. Torino: Einaudi, 2014.
Dico solo che appena ho terminato di leggere l'ultima pagina e ho chiuso il libro di Chimamanda Ngozi Adichie non ho potuto trattenere le lacrime, frutto di tutte le emozioni che avevo accumulato durante la lettura e che premevano nel petto per uscire: commozione, gioia, empatia, dolore, speranza.
È scontato dunque che vi dica che a me Americanah è piaciuto moltissimo perché non è solo un libro sulle molteplici e insospettabili forme di razzismo che ci portiamo dentro e di cui a volte nemmeno ci rendiamo conto in quanto persone dalla pelle chiara, ma è anche una riflessione sul rapporto con le proprie origini che risuonerà fortissimamente alle orecchie di tutti coloro che sono andati via dalla propria terra, hanno fatto esperienza di mondi e culture diverse e hanno dovuto ridefinire la propria relazione con le radici.
Ifemelu, la protagonista di Americanah, nata e cresciuta in Nigeria in una condizione di relativa tranquillità e benessere, si trasferisce negli Stati Uniti per studiare e lavorare, lasciando in Nigeria il suo fidanzato Obinze con l'idea di ricongiungersi presto e di condividere la vita. Negli Stati Uniti, dopo un periodo complicato e molto doloroso, Ifemelu ottiene una borsa di studio e si garantisce una stabilità economica grazie al successo di un blog dal significativo titolo di "Razzabuglio". Nel frattempo alcuni eventi (su cui preferisco non fare spoiler) hanno spinto la protagonista a interrompere la comunicazione con Obinze, mentre per entrambi altre esperienze - formative e trasformative - sono all'orizzonte. La scelta di Ifemelu di ritornare alle origini significherà anche riannodare i fili mai veramente interrotti con Obinze.
Fondamentalmente quella di Americanah è una storia d'amore, raccontata in maniera non piattamente cronologica, bensì attraverso lunghi flashback che consentono di gettare luce sulle diverse fasi della vita dei due protagonisti, sia nel periodo di vita insieme in Nigeria, sia nei lunghi anni di separazione.
Tuttavia, questa storia d'amore - che pure appassiona anche di per sé stessa - è in realtà quasi un pretesto per raccontare i rapporti tra i neri africani e il mondo occidentale, in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, con tutte le sfumature che questi rapporti comportano e contengono: la relazione coi bianchi e le sue trappole, anche in ambienti fortemente progressisti, il rapporto con i neri americani e la difficoltà di partecipare dello stesso punto di vista, la condizione di immigrati non già in una condizione estrema (in fuga dalla guerra, dalle epidemie o dalla povertà) ma "semplicemente" alla ricerca di altre opportunità. Chimamanda in questo libro ci ricorda e ci fa riflettere sul fatto che tutto quello che per noi bianchi occidentali è scontato non lo è per coloro che arrivano da determinati posti, soprattutto se hanno la pelle scura.
Ma - come si diceva - non è solo questo, che pure basterebbe a fare di Americanah un grandissimo romanzo. Dentro c'è anche la riflessione su ciò che diventiamo quando facciamo esperienza di altri mondi e sulla difficoltà di trovare un equilibrio tra quello che siamo diventati e il lascito delle nostre radici. Tutti questi sentimenti complessi, spesso difficili da ammettere, Chimamanda riesce a esprimerli in maniera semplice e diretta, riconoscendo anche la vergogna e il senso di colpa quando necessario.
Nel caso di Ifemelu stiamo parlando di una protagonista a cavallo tra due universi molto lontani geograficamente e culturalmente (la Nigeria e gli Stati Uniti), ma chiunque abbia costruito parte del proprio percorso e della propria personalità più o meno lontano dal posto in cui è nato ed è stato educato, quello di cui ha assorbito cultura e mentalità, e di cui porta impressi i segni in mille forme diverse (accento, tratti somatici, modo di vestire ecc.), sa che cosa significa scoprire un mondo altro e parti di sé che non si conoscevano o che si faceva fatica a mettere a fuoco, così come sa quanto è scioccante "vedere" (ossia riconoscere) per la prima volta i limiti del proprio mondo di origine e incontrare cose, persone, situazioni nuove che ci piacciono di più o che comunque ci aiutano ad allargare gli orizzonti. Chi ha vissuto tutto questo sa anche che il rapporto con le radici non può mai essere completamente reciso, e che la vera sfida consiste nella capacità di recuperare tutto quello che in un primo momento probabilmente abbiamo rifiutato per dargli un nuovo significato e valore all'interno di quella persona più complessa - e non necessariamente più risolta - che siamo diventati. Tutto questo è Ifemelu, ed è frutto della capacità della scrittura di Chimamanda di farci provare un'empatia profonda e viscerale con dei protagonisti pur lontanissimi dal nostro vissuto contingente.
E questa è la vera magia della scrittura e della lettura.
Voto: 4/5
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