Nella mia conoscenza direi recente e tutto sommato superficiale della musica, i Karate sono una specie di band-mito che appartiene a un'epoca in cui io ancora la musica la ascoltavo poco e i miei gusti musicali erano davvero orribili. Da quando sono stata svezzata a una musica di migliore qualità ho cominciato a sentire sempre più spesso il nome di Geoff Farina, il leader dei Karate (ma anche dei Glorytellers nonché animatore e propulsore di tanti bei progetti musicali), cosicché qualche anno fa nei miei acquisti di cd musicali avevo preso uno dei loro ultimi album, quello dal titolo 595. Lo avevo ascoltato poco e non ne ero stata conquistata, cosicché non avevo approfondito la conoscenza. D'altra parte i Karate non fanno da anni nuovi dischi e da 17 anni non si esibiscono dal vivo, quindi occasioni per farmi un'idea non ne avevo avute.
Ma ecco che questo è l'anno della reunion dei Karate e di un loro tour che tocca anche Roma, e precisamente Villa Ada, il posto dove hanno suonato l'ultima volta 17 anni fa. E io non posso lasciarmi sfuggire l'occasione. A dire la verità ci arrivo quasi controvoglia, perché ho lavorato fino a tardi e sono stanca, ma vinco la pigrizia e verso le 21.15 sono davanti al palco, mentre suonano gli Ardecore, gruppo romano che Geoff Farina conosce bene per averci collaborato e che è da anni sulla scena non solo romana con una musica che attinge alla tradizione per farne qualcosa di diverso e nuovo. Gli Ardecore hanno un pubblico di affezionati e quando arrivo ci sono davanti al palco parecchie persone che conoscono le canzoni a memoria, e alcune di queste addirittura spariscono quando il loro opening finisce.
Dopo un cambio di palco, ecco che arrivano i tre dei Karate, Geoff Farina (voce e chitarra), Jeff Goddard (bassista) e Gavin McCarthy (batterista). Hanno ovviamente tutti una certa età, ma non gli mancano né qualità musicali né energia da spendere. Farina è alquanto schivo, quasi timido, si limita a ringraziare più volte il pubblico, e a ricordare qualche piccolo aneddoto, ma per il resto è completamente concentrato sulla sua musica. Inizia così un concerto che attraversa tutta la loro produzione e che - me ne accorgo mentre sono lì - fa davvero rivivere il mito: nel pubblico ci sono tantissimi fan veri della band, e non solo "non-più-giovani" per i quali i Karate rappresentano la musica della gioventù, ma anche giovani che dimostrano di conoscere le loro canzoni altrettanto bene e di esserne totalmente conquistati.
Dietro di me c'è un gruppetto di ragazzi napoletani praticamente in visibilio, mentre proprio davanti al palco c'è un gruppo di uomini (non meno di 40 anni) che cantano le canzoni a squarciagola, uno dei quali ha con sé un bimbetto di 6-7 anni che a sua volta conosce a memoria alcune delle canzoni. L'effetto è a dir poco surreale. Io mi sento quasi un pesce fuor d'acqua in questo contesto, visto che ascolto per la prima volta molti dei brani. Comprendo però bene quello che questi fan provano durante il concerto, e capisco anche perché i Karate siano diventati a suo tempo una band di culto, con il loro modo di spaziare tra generi musicali, rimanendo coerenti con sé stessi senza perdere la capacità di sperimentare. Appena arrivo a casa compro quello che è considerato il loro album migliore, In place of real insight, che nei giorni seguenti diventerà uno dei miei più fedeli compagni di queste caldissime giornate di agosto.
Bentornati, dunque, Karate! E speriamo che continuino a conquistare gli amanti della musica con i loro concerti!
Voto: 3,5/5
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