Paul Thomas Anderson è uno di quei registi di cui tendo a non perdere nemmeno un film, fin dai tempi di Magnolia. Così, anche se non avessi letto la recensione entusiastica di Francesco Boille, sarei andata lo stesso a vederlo (rigorosamente in lingua originale).
Approfitto dunque della presenza a Roma di M. per proporle un'uscita cinematografica per vedere Licorice Pizza. Abituata alla cifra stilistica di Anderson (ma forse mi manca la componente più "goliardica" del suo cinema), resto completamente spiazzata dallo stile e dal tono di questo nuovo film, con cui il regista dimostra - se ne ce fosse stato bisogno - di essere in grado di fare film molto diversi tra loro e di saper padroneggiare linguaggi anche distanti.
Siamo a Los Angeles nel 1973. Protagonisti di Licorice Pizza sono Gary (Cooper Hoffman, figlio del compianto Philip Seymour Hoffman), un sedicenne pieno di voglia di vivere e di sogni, e Alana (la esordiente Alana Haim), una venticinquenne che ha un po' abbandonato i sogni ma vuole finalmente liberarsi dei condizionamenti di una famiglia piuttosto ingombrante. I due si incontrano alla scuola di lui in occasione della realizzazione delle foto scolastiche e Gary è immediatamente attirato da Alana. Inizia così la storia di un'amicizia che attraverserà molte avventure e vicissitudini prima di trasformarsi davvero in amore.
Il rapporto tra Gary e Alana fa da cornice a una serie di vicende che si configurano quasi come episodi autonomi e di cui sono protagonisti adulti ritratti in modi spesso grotteschi e surreali (tra questi i personaggi interpretati da Christine Ebersole, Tom Waits, Sean Penn, Bradley Cooper e Benny Safdie), personaggi in buona parte ispirati a figure note della società e del cinema di quegli anni.
Gary è solare e pieno di energia, corre, si butta in mille avventure e si improvvisa imprenditore, accompagnato dal suo gruppetto di amici bambini o adolescenti come lui. Alana sta in una terra di mezzo e fa fatica ad abbandonarsi alla vitalità di Gary. Intorno a loro un mondo capovolto in cui infantili, meschini, ridicoli e ipocriti sono proprio gli adulti, e ancora di più quegli adulti che sono stati, sono o aspirano a diventare famosi (che provengano dal mondo del cinema o della politica).
Inutile cercare nel film di Paul Thomas Anderson una effettiva verosimiglianza e una narrazione lineare, perché la scelta - probabilmente liberatoria - del regista è quella di procedere per frammenti narrativi, inserti quasi surreali, elementi di più o meno apparente nonsense, creando una giostra di situazioni a cui - come in tutte le giostre - bisogna lasciarsi andare senza cercare di razionalizzare, bensì facendosi cullare dalle immagini e dalla splendida colonna sonora.
Personalmente - si sa - faccio un po' fatica con le narrazioni non lineari come questa e non sono un'appassionata del registro grottesco/goliardico che certamente attraversa questo film, però durante la visione di Licorice Pizza riesco a più riprese a spegnere la mia naturale tendenza al controllo e mi godo la pazzia e la bellezza scombinata che lo caratterizzano.
Un po' penso al Red Rocket di Sean Baker (citato anche da Boille), un po' al Once upon a time... in Hollywood di Quentin Tarantino, perché in entrambi ci leggo - come in Licorice Pizza - una vena goliardica e anche uno sguardo divertito, critico ma anche amorevole verso il cinema e le sue infinite possibilità.
Voto: 3,5/5
A livello di regia, interpreti e tutto il cucuzzaro nulla da dire, un film favoloso; purtroppo, a livello di trama non mi ha granché entusiasmata ma conto di rivederlo tra un po' di tempo per ricredermi :)
RispondiElimina"tutto il cucuzzaro" è un'espressione bellissima ;-)
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