La programmazione del Teatro Quirino da parecchi anni ormai non mi convince più tanto, cosicché alla fine ci vado a vedere sempre meno spettacoli. Ma se c'è Elisabetta Pozzi vado dappertutto, anche perché ormai la sua presenza a Roma è sempre più rara dunque cerco di non perdermela.
Di questo spettacolo avevo sentito parlare già da diverso tempo e dunque io e F. siamo in terza fila per la prima.
Le troiane è una tragedia di Euripide che racconta la triste sorte delle donne troiane dopo la caduta della città di Troia alla fine della lunga guerra del Peloponneso. Protagoniste sono in particolare la regina Ecuba, sua figlia Cassandra, la profetessa, Andromaca, moglie di Ettore, figlio di Ecuba, ed Elena. Le prime tre donne sono destinate come schiave ad altrettanti uomini greci, come annunciato dal messo Taltibio, mentre ancora più tragico è il destino di Astianatte, il figlio di Andromaca ed Ettore, che verrà fatto precipitare dalle mura di Troia. Ci sarà poi un confronto tra la regina ed Elena, quest'ultima smascherata nella superficialità dei comportamenti che hanno portato allo scoppio della guerra.
Lo spettacolo per la regia di Andrea Chiodi è basato sulla traduzione e l'adattamento di Angela Demattè, che pur rimanendo fedele alla storia e al suo pathos, sceglie di attualizzarne la narrazione. Tutti i personaggi sono vestiti in abiti moderni e anche la scenografia richiama il presente, e il personaggio di Elena in particolare si presenta vestito in tuta e quasi ipnotizzata di fronte a computer e cellulare, mentre il coro delle prigioniere troiane compare sotto forma di schermata tipo videoconferenza sullo sfondo del palcoscenico.
Pur apprezzando questo tentativo, trovo che la parte più intensa e apprezzabile dello spettacolo sia però quella più fedele all'originale euripideo, nonché le prove attoriali capaci di valorizzarla, che secondo me sono fondamentalmente quelle di Elisabetta Pozzi nel ruolo di Ecuba e di Federica Fracassi nel ruolo di Cassandra, entrambe capaci di un grande equilibrio tra pathos euripideo e recitazione naturalistica.
La storia raccontata da Euripide si presta ovviamente a molte letture e interpretazioni, ma al cuore del racconto ci sono sicuramente il dolore dei vinti e l'orrore della guerra, temi universali e declinabili in mille modi. Devo però dire che la tendenza che vedo spesso a teatro, non necessariamente negli adattamenti bensì anche nelle presentazioni degli spettacoli, ossia quella di ricondurre qualunque cosa al presente contingente mi risulta piuttosto insopportabile, e mi sembra un tentativo fallimentare di rendere il teatro facile banalizzandolo, e non invece - come secondo me sarebbe più corretto - rafforzandone la comprensione.
Voto: 3,5/5
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