Giorgio Barberio Corsetti, ex direttore del Teatro di Roma e ora consulente artistico, porta in scena La metamorfosi di Franz Kafka al Teatro Argentina.
La storia è ben nota: Gregor Samsa un mattino si sveglia trasformato in uno scarafaggio e da quel momento vive nella sua stanza come in una tana, mentre la sua famiglia fa i conti con i sentimenti ambivalenti che questa trasformazione produce in loro, fino al sollievo finale offerto dalla morte di Gregor.
Lo spettacolo di Corsetti vede protagonista, nei panni di Gregor, Michelangelo Dalisi, con il suo fisico ossuto e nervoso, mentre gli altri ruoli (i familiari, il procuratore, gli ospiti) sono interpretati da Roberto Rustioni, Sara Putignano, Anna Chiara Colombo, Giovanni Prosperi, Giulia Trippetta e Dario Caccuri.
La scena è allestita in due parti che sono divise da un muro girevole: da una parte del muro c'è la stanza di Gregor e dall'altra c'è il resto della casa (e del mondo) dove agiscono tutti gli altri personaggi. Facendo ruotare il muro, a volte vediamo esclusivamente la stanza da letto, altre volte invece vediamo contemporaneamente il dentro e il fuori.
La scelta però più dirompente del regista è quella di far recitare gli attori in buona parte in terza persona, ciascuno per le parti del testo che li riguardano e descrivono. Cosicché accade che gli attori prima dicano cosa faranno e subito dopo la facciano.
Tale scelta appare certamente destabilizzante e curiosa. Probabilmente il regista, creando in questo modo una distanza tra attori e spettatori, punta a evitare una rappresentazione "realistica" e ad accentuare il carattere del testo come racconto di finzione.
Allo stesso scopo, i protagonisti (ad eccezione di Gregor Samsa) propongono una recitazione un po' sopra le righe e decisamente poco mimetica rispetto al parlato, mentre canti eseguiti a cappella sottolineano alcuni momenti della narrazione.
Ne viene fuori una rappresentazione che oscilla tra il grottesco e il dolente, in cui l'opera di Kafka ci chiama ancora una volta a riflettere sul cambiamento e sul modo in cui ognuno di noi reagisce di fronte a ciò che trasformandosi fa fatica a essere compreso. I due oggetti principali della critica kafkiana, chiaramente stigmatizzati anche nella messa in scena di Barberio Corsetti, sono la famiglia, i cui membri non mostrano alcuna pietà per Gregor, ma solo disgusto e cinismo, e la burocrazia lavorativa, nella figura del procuratore totalmente disinteressato al benessere di Gregor, bensì preoccupato del ritardo e delle conseguenze sullo svolgimento del lavoro.
Si tratta ovviamente di tematiche universali e che si possono variamente declinare in infinite forme e contesti, cosa tipica dei capolavori; d'altra parte, l'inevitabile tentativo di alcuni critici di ricondurre anche questo spettacolo al presente contingente e volerci trovare un legame con quello che stiamo vivendo mi risulta piuttosto forzato e decisamente indigesto. Anche se, certo, i classici, per la loro stessa grandezza, riescono ad accogliere in pancia quasi tutto.
Voto: 3/5
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