Buio. Rumore di sferruzzare.
Quando si accendono le luci sul palco ci sono quattro sedie: tre sono occupate da Anna, Nuzza e Bettina (le bravissime Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco e Leonarda Saffi) che sono chine sui loro ferri, mentre sulla quarta sedia si muove compulsivamente Arturo, un ragazzo con problemi psicomotori (uno straordinario Simone Zambelli, di cui si potrebbero tessere gli elogi per pagine e pagine). Arturo si alza e al ritmo del ticchettio dei ferri e vestito in un abito da donna comincia a danzare, mentre le tre donne bisbigliano pettegolezzi, lamentele e recriminazioni.
Inizia così l'ultimo lavoro di Emma Dante, Misericordia, che doveva andare in scena lo scorso anno ma era stato bloccato dalla pandemia. E proprio con questo spettacolo torno anche io in sala dopo una lunga assenza, e - devo ammettere - non ci poteva essere migliore occasione per riprendere contatto con il mondo del teatro.
Emma Dante mi piace. Forse non sempre, e certamente molto più a teatro che al cinema. Al teatro vengono fuori in maniera diretta e non mediata la sua carnalità e la materialità delle sue storie, che invece secondo me al cinema tendono a stemperarsi e rarefarsi.
Sul palco Emma Dante espone i corpi e attraverso di essi esprime forse più delle parole, arrivando all'essenza profonda delle culture, dei generi e in definitiva della condizione umana.
In questo caso - come spesso accade negli spettacoli della Dante - siamo in un contesto di povertà e degrado, in una casa piccola e senza luce, dove le tre donne cuciono e per arrotondare si prostituiscono (la scena notturna con il ballo erotico e tribale delle tre è davvero notevole), mentre litigano tra loro e si occupano in modo naif ma affettuoso di questo ragazzo che - come scopriremo - è il figlio di una loro compagna, morta per le botte dell'amante dopo il parto, e che loro hanno deciso di crescere.
C'è dunque il tema della violenza e del femminicidio nello spettacolo, così come quello della povertà e del degrado, ma ce ne sono molti altri che, ognuno secondo la sua sensibilità, potrà cogliere e sentire in maniera più o meno accentuata. Penso ad esempio al tema della "famiglia" e del rapporto madre-figlio (in questo caso madri-figlio) e dei mille modi in cui si può declinare. Penso al tema della diversità, e della ricchezza e al contempo della fatica emotiva che porta con sé. Penso alla speranza che si fa largo anche nelle situazioni più disperate, perché l'amore senza speranza non può esistere. Penso all'ironia che si nasconde nelle pieghe anche del tragico e a cui Emma Dante non rinuncia mai, virandolo talvolta persino sul grottesco.
Insomma, lo spettacolo mi è piaciuto. Mi ha parlato direi principalmente in maniera metalinguistica ed emotiva, anche e soprattutto grazie alle interpretazioni delle attrici e alla eccezionale bravura "fisica" di Zambelli. E non credo si possa chiedere di più al teatro.
Voto: 4/5
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