Guida il tuo carro sulle ossa dei morti / Olga Tokarczuk; trad. di Silvano De Fanti. Milano: Bompiani, 2020.
Mi sono avvicinata a questo libro di Olga Tokarczuk in punta di piedi, intimorita dal suo Premio Nobel per la letteratura (vinto nel 2018) e dal rischio altissimo - secondo i miei pregiudizi - di trovarmi di fronte a un mattone indigeribile.
Il titolo, Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, non aiutava di certo a dipanare i miei dubbi e a rassicurarmi; non sono colta abbastanza per capire che si tratta del verso di una poesia di William Blake, ma forse se lo avessi saputo la cosa mi avrebbe preoccupata ancora di più.
E invece, quando ho iniziato a leggere, mi sono trovata di fronte a un giallo che io personalmente ho sentito molto vicino - per toni e scrittura - a quelli di una delle mie autrici preferite, Fred Vargas.
La protagonista è una insegnante d’inglese non più giovane, Janina (anche se lei odia il nome che le è stato assegnato) che abita da sola in una casa sull’altopiano, vicina ai boschi. La donna è decisamente originale: da un lato è assolutamente atea e materialista nella sua visione del mondo (e a tratti profondamente anticlericale), dall’altro fa studi di astrologia ed è convinta che nelle stelle ci sia scritto praticamente tutto; è una convinta animalista e piange da mesi la morte delle sue Bambine, ossia le due cagne che vivevano con lei; ha pochissimi contatti umani, Dyzio, un suo ex allievo con cui traduce le poesie di Blake, e il suo vicino di casa che lei chiama Bietolone.
La storia ci è narrata in prima persona e inizia nel momento in cui l’attenzione di Janina viene richiamata dal vicino Bietolone sulla casa del terzo vicino, che lei chiama Piede Grande, dove c’è qualcosa che non va. In effetti, Piede Grande è morto, probabilmente soffocato. I due prima si occupano di ricomporre e rivestire il corpo del morto, poi chiamano la polizia.
Da qui si innesca una catena di eventi, che vede il susseguirsi di diverse morti violente, che mandano nel panico la piccola comunità locale perché riguardano anche alcuni personaggi in vista, tra cui il Comandante della locale Polizia e il Presidente dell’Associazione dei Cacciatori.
Tutto viene filtrato dal racconto della stessa Janina, che in un modo o nell'altro diventa protagonista di questi casi e a un certo punto sembra improvvisarsi investigatrice degli stessi.
Ne viene fuori un giallo animalista, femminista, materialista e naïf, che ci trascina non solo nelle atmosfere di questo piccolo paesino polacco ai confini con la Repubblica Ceca, ma anche nei pensieri talvolta ai limiti dell’ossessivo della protagonista, rispetto alla quale ciclicamente si prendono le distanze ovvero si empatizza appassionatamente.
Janina fa di noi tutto quel che vuole. La classica signora âgée un po’ mattoide, dotata di uno straordinario umorismo ma anche di un insostenibile cinismo.
La Tokarczuk scrive con uno stile mirabile e con un linguaggio sopraffino, cosicché è un piacere proseguire nella lettura.
Nella narrazione di Janina si sommano la cultura che le attribuiamo e quella che viene dalla sua creatrice.
La Tokarczuk si è rivelata per me una bellissima scoperta e mi ha fatto nascere uno straordinario desiderio di conoscerla meglio e di leggere altro. Cosa che non mancherò a breve di fare.
Voto: 4/5
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