Il bambino pesce / Lucía Puenzo; trad. dallo spagnolo (Argentina) di Elisa Tramontin. Roma: La Nuova Frontiera, 2009.
Prima avevo sentito parlare del lungometraggio, poi - dopo qualche mese - scopro che il film è tratto dal libro omonimo di Lucía Puenzo, scrittrice e regista non solo di questo film (che non ho ancora visto), ma del bellissimo XXY.
Il bambino pesce parla di una giovane ragazza argentina di Buenos Aires, Lala, che vive in una famiglia totalmente disfunzionale: suo padre è uno scrittore di successo ma sempre sull'orlo della depressione e del suicidio, sua madre si è convertita alle discipline new age e un giorno scappa in India con un amante, suo fratello spaccia e consuma droga. Con loro vive una giovane e bella governante paraguayana, Guayi, il cui ingresso nella famiglia sconvolge i già fragili equilibri esistenti. Lala se ne innamora ricambiata, il padre ne è sedotto e la insidia, persino il cane Serafino (che è - sorprendentemente - la voce narrante del romanzo) ne è conquistato.
Lala e Guayi progettano di scappare insieme in Paraguay e di costruire una casa sulla riva del fiume Ypacaraì. Le cose saranno però molto più complicate del previsto e le due ragazze saranno divise dagli eventi, mentre man mano i segreti e i lati oscuri nascosti nella vita di ciascuna emergeranno con una forza distruttiva.
Devo ammettere di avere qualche resistenza nei confronti della letteratura sudamericana, che sento culturalmente molto lontana, soprattutto per quella componente magica o più genericamente irrazionale che la caratterizza e che fa a pugni con il mio modo di essere.
Anche in questo caso tale componente non manca: il titolo del libro si riferisce infatti a una leggenda, quella dei bambini che nascono con le branchie e le dita palmate e dunque destinati a sopravvivere solo in acqua, che il padre di Guayi, Charo, racconta a Lala in riferimento al figlio nato a Guayi da una relazione precedente, prima che la verità venga effettivamente a galla.
Il tono e l'impianto del libro mi hanno ricordato un po' Benzina di Elena Stancanelli, forse soprattutto per il ritratto delle protagoniste, angeli caduti nel fango troppo presto all'inseguimento di un amore totalizzante e in qualche misura impossibile. Le due ragazze sono infatti giovani, ingenue e innocenti (Lala più che Guayi, già messa alla prova dalla vita), ma sono inesorabilmente spinte dagli eventi e dal loro amore a una ribellione alla famiglia e all'azione criminale in una escalation che le costringerà ad andare fino in fondo.
Un libro interessante, che però mi è restato un po' in superficie.
Voto: 3/5
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