Grazie a Educa - Festival dell'educazione riesco a vedere l'ultimo film di Andrea Segre, Molecole, che avrei voluto vedere al cinema e che probabilmente sul grande schermo avrebbe potuto esprimere tutta la sua potenza emotiva.
Sono però comunque contenta di aver visto quello che probabilmente è uno dei primi film che nasce nel periodo del lockdown della primavera 2020 e che di quel periodo rappresenta un primo momento di riflessione.
A fine febbraio Andrea Segre si trovava a Venezia per il progetto di un documentario che riguardava la città di Venezia e in particolare le sue tensioni, tra acqua alta e turismo di massa. Il regista inizia a girare proprio nel momento in cui in Italia si cominciava a parlare della circolazione del virus Sars-Cov-2 e i numeri dei contagiati crescevano giorno dopo giorno.
Segre però – pur di fronte a crescenti difficoltà – continua a girare per Venezia e a documentare il suo svuotamento, anche con l’aiuto di due amiche esperte di voga alla veneta che lo portano in giro in barca per i canali, fino a quando il lockdown nazionale immobilizza tutti, compreso il regista che rimane anche lui bloccato a Venezia.
A poco a poco il film di Segre va oltre le intenzioni iniziali, ma non diventa un film sulla pandemia o banalmente un film sugli effetti del lockdown sulla città di Venezia, bensì diventa l’occasione di una riflessione intima, che ha a che fare con il rapporto con suo padre Ulderico e la riscoperta post-mortem di una figura che per il regista è rimasta in parte oscura e silenziosa, poco propensa alla condivisione dei pensieri più profondi. Le molecole erano l’oggetto di studio del fisico Ulderico Segre, ma Andrea ne fa il simbolo della ricerca di un senso o quantomeno di una spiegazione rispetto al determinismo della materia.
La narrazione di Segre intreccia così un destino e una storia individuale con quella di una città con cui suo padre aveva un rapporto profondo e forse poco comprensibile per suo figlio, un rapporto che sembra affiorare nelle parole di tutti i veneziani intervistati, legati a Venezia in un modo probabilmente inintelleggibile per chi non è di Venezia. Un rapporto viscerale e in fondo difficile da spiegare persino per gli stessi protagonisti, esattamente come accade in un rapporto padre-figlio. Un rapporto fatto di silenzi, di dolori, di gioie, di tradimenti e di riavvicinamenti, in pratica tutto quello che sempre c’è dentro un rapporto d’amore.
Sarebbe stato ancora più emozionante visto sul grande schermo, ma per il momento ci accontentiamo di questo.
Voto: 3,5/5
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