Charlie (Adam Driver) e Nicole (Scarlett Johansson) lavorano insieme, lui regista, lei attrice in una compagnia teatrale che sta per fare il grande salto a Broadway, ma sono anche marito e moglie e hanno un figlio di sette anni, Henry (Azhy Robertson). Nei primi dieci minuti del film ci viene raccontata la storia del loro amore: la voce di Nicole racconta quello che ama di Charlie, mentre sullo schermo passano piccoli frammenti di vita che traducono in immagini le parole; poi è invece il turno di Charlie nel dire cosa ama in Nicole e perché e noi vediamo altrettanti spezzoni della loro vita insieme.
Scopriamo però che si tratta dei testi che il mediatore familiare che li sta seguendo durante la separazione ha chiesto a ciascuno di loro di scrivere e che vorrebbe che leggessero all'altro. Nicole però si rifiuta di leggere quanto noi abbiamo già ascoltato, segnando la prima delle numerose chiusure e incomprensioni che caratterizzeranno il percorso accidentato che li porterà al divorzio.
Se infatti inizialmente Charlie e Nicole propendono per una separazione morbida e consensuale, la scelta di Nicole di abbandonare la compagnia teatrale, di trasferirsi da New York a Los Angeles per iniziare un nuovo lavoro, la volontà di restare a vivere in questa città con il figlio mettono in crisi i buoni propositi iniziali.
Nicole, alla ricerca quasi di un riscatto rispetto a un passato in cui percepisce di aver subito le scelte del marito, decide di rivolgersi a un avvocato, la melliflua Nora (Laura Dern), costringendo anche Charlie ad adire le vie legali in un'escalation del tutto sproporzionata e che a più riprese appare completamente fuori registro rispetto alla verità del rapporto esistente tra Charlie e Nicole, che in fondo è fatto ancora di rispetto e confidenza, e affetto reciproco.
Come sempre accade nel cinema di Noah Baumbach, anche Marriage story è un film principalmente di dialoghi e di attori, ed è solo a queste componenti che il regista (che è anche sceneggiatore) si affida per liberare il potenziale emotivo della narrazione. Il suo stile, come sa chi ha visto altri suoi lavori (io ho amato sia Frances Ha che Mistress America e conto di recuperare i suoi titoli precedenti come ad esempio Il calamaro e la balena), non è lacrimevole e non punta sulla commozione a tutti i costi, bensì è un inestricabile mix di ironia e dramma dal sapore squisitamente "newyorkese" (non a caso in questo film non mancano i riferimenti un po' sarcastici alla competizione e alle differenze tra New York e Los Angeles, confronto nel quale si incarna l'impossibilità sopraggiunta per Charlie e Nicole di stare insieme).
Baumbach rappresenta un ambiente che gli è molto familiare, quello giovane, intellettuale, artistico e borghese newyorkese, a cui lui stesso appartiene, e senza dubbio questa ambientazione caratterizza e rende specifica la storia di Charlie e Nicole, ma il regista riesce anche nel tentativo di universalizzare i sentimenti dei due protagonisti, cosicché nessuno - persino chi non è passato attraverso un divorzio - potrà sottrarsi all'identificazione con l'uno o l'altro dei protagonisti sia nei momenti emotivamente più intensi (penso al violentissimo litigio che si svolge nella casa che Charlie ha affittato a Los Angeles e che rappresenta il momento in cui si consuma definitivamente la rottura e da cui in qualche modo le vite dei due protagonisti ripartono), ma anche in alcuni passaggi apparentemente poco rilevanti ma che invece sono densi di significato (come ad esempio quando, di fronte all'indecisione di Charlie su cosa ordinare durante una riunione con i loro avvocati, Nicole ordina anche per lui).
Certamente il punto di vista di Charlie è quello che viene approfondito di più e a cui forse Baumbach guarda con occhio più compassionevole, fors'anche perché gli è più facile l'identificazione. Charlie e Nicole vengono però entrambi rappresentati in maniera articolata e complessa, senza demonizzare né colpevolizzare nessuno, ma provando a comprendere i punti di vista di due persone che - pur essendosi amate e forse amandosi ancora - devono fare i conti con le proprie ambizioni personali e il difficile bilanciamento tra le scelte familiari e il bisogno di essere fedeli a sé stessi.
Adam Driver (che dimostra di essere anche un eccellente cantante) e Scarlett Johansson sono maestosi nelle loro interpretazioni. Credibili, sinceri, struggenti nel trasmettere l'impossibilità di proseguire il loro percorso di coppia, perché l'amore da solo non basta a renderci felici e perché a volte la vita e i nostri desideri sono più complicati di quello che spereremmo. Marriage story (che è poi la storia di una separazione) è in fondo il racconto di una generazione che non accetta più le imposizioni sociali e i modelli di coppia del passato, e che nella ricerca di equilibri nuovi tra famiglia e individuo deve fare i conti con nuovi tipi di sofferenze.
Un grande film.
Voto: 4/5
Questo film mi ha fatto rivalutare Baumbach, regista che malsopportavo per il suo cinema così ruffiano e inconsistente (a mio giudizio, ovviamente). Questo invece è il film della sua piena maturità artistica, un film doloroso e che arriva al cuore, emozionandoti e facendoti arrabbiare mentre vedi la distruzione di una coppia bellissima. Tanto di cappello, davvero.
RispondiEliminaGrazie Kris! A me Baumbach piace da tempi non sospetti, ma sono d'accordo che questo è probabilmente il film della maturità! Buon Natale!
Elimina