Kobane calling è forse il fumetto di Zerocalcare che mi è piaciuto di più, come del resto si capisce anche dalla mia recensione. In questo albo, in cui si racconta del viaggio di un gruppo di amici nel Rojava, ho trovato non solo lo spirito ironico-romanesco dell'autore, ma anche un lavoro di graphic journalism che mi ha ricordato - fatte le dovute differenze - alcuni dei lavori più riusciti di Guy Delisle.
Tra l'altro, dopo le recenti notizie
sul cambiamento degli scenari in quell'area dello scacchiere
geopolitico con il rafforzamento ulteriore del ruolo della Turchia di
Erdogan e sullo stop alla costituzione di uno stato autonomo curdo, lo
spettacolo - che racconta un momento ben diverso della vicenda del
Rojava - acquista tutto un altro sapore e lascia un certo qual amaro in
bocca.
È per questo che, quando ho letto che Kobane calling diventava uno spettacolo teatrale grazie all'adattamento e alla regia di Nicola Zavagli, mi sono fiondata a comprare i biglietti. La messa in scena, che è stata realizzata anche con la collaborazione dello stesso Zerocalcare, si conferma molto rispettosa dell'opera dalla quale proviene. Sul fondo del palcoscenico vengono proiettati alcuni disegni di Zerocalcare, tratti dal graphic novel o forse anche realizzati in parte appositamente per lo spettacolo, e questi disegni definiscono contesti e richiamano alcuni passaggi narrativi, aiutando lo spettatore a orientarsi in un racconto che non ha altra scenografia all'infuori di questa. Il palco è libero da oggetti, e invece spesso affollato spesso di persone, conferendo alla messa in scena un respiro corale; il racconto si avvale inoltre di musiche originali e di un attento lavoro sulle luci.
Se la narrazione del viaggio, pur avendo le sue difficoltà, costituisce forse la parte più semplice da trasformare in spettacolo teatrale, le digressioni narrative e gli inserti - tipici dei fumetti di Zerocalcare - in cui l'autore dialoga con i suoi demoni interiori (talvolta trasformati in animali o personaggi dei cartoni, ad esempio l'armadillo, il mammuth, George Pig) potevano rappresentare una difficoltà maggiore. Il regista ha scelto soluzioni diverse per rendere questi momenti comprensibili allo spettatore e capaci di trasmettere lo spirito originario: in particolare, nel caso degli interlocutori immaginari, si è scelto di realizzare una specie di grandi copricapi in cartapesta (?) che alcuni attori portano nel momento in cui li impersonano, e devo dire che alcuni di loro sono particolarmente bravi ed efficaci.
Nel complesso uno spettacolo gradevole, anche se non posso tacere che mi
ha fatto un effetto un po' strano vedere i personaggi, le storie e i
modi di essere di Zerocalcare trasformati in persone reali e in azioni. Lorenzo Parrotto,
che interpreta Zerocalcare, è bravo e credibile, anche se la sua
lettura del protagonista mi è risultata un po' sopra le righe rispetto alla mia idea di Michele Rech; d'altra parte è vero che Michele, nel suo alter ego a
fumetti, dà spazio ad aspetti della sua personalità che
non emergono da una conoscenza superficiale della sua persona.
Infine, considerato che Kobane calling on stage è un'opera corale, fatta soprattutto di attori, bisogna rendere merito anche agli altri interpreti, ossia Massimiliano Aceti, Luigi Biava, Fabio Cavalieri, Francesco Giordano, Carlotta Mangione, Alessandro Marmorini, Davide Paciolla, Cristina Poccardi, Marcello Sbigoli, cui si aggiungono anche i giovani attori di Teatri d’Imbarco, Andrea Falli, Martina Gnesini, Jacopo Lunghini, Francois Meshreki, Niccolò Tacchini, Gabriele Tiglio, Matilde Zavagli.
Voto: 3,5/5
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