Dal mio punto di vista e rispetto alle mie personali aspettative, l'estate romana è stata piuttosto deludente in quanto a live musicali. Pur essendo l'offerta piuttosto ampia, mi è sembrato che la programmazione abbia oscillato tra un sostanziale provincialismo da un lato e alcuni grandi nomi (talvolta però passati un po' di moda) dall'altro.
In questo panorama per me non entusiasmante avevo però adocchiato da tempo - nel programma di Villa Ada incontra il mondo - il concerto di Iron & Wine e Calexico insieme.
Iron & Wine è il nome d'arte del musicista Samuel Ervin Beam, un bell'uomo con la barba lunghissima, ben oltre l'iconografia hipster, che canta e suona la chitarra, mentre i Calexico sono una band i cui due componenti storici sono Joey Burns (voce e chitarra) e John Convertino (batteria), a suo tempo componenti anche dei Giant Sand di Howe Gelb. Vengono tutti dagli Stati Uniti, Sam Beam dal North Carolina (ma ha vissuto anche in Texas), e i Calexico dall'Arizona, e tutti hanno respirato e fatto proprie le sonorità della musica tradizionale americana reinterpretandola ciascuno a modo proprio.
Ebbene questi musicisti - che hanno gloriose carriere autonome alle spalle, ma che con anime e sensibilità diverse si muovono entrambi nell'ambito dell'indie folk - in alcuni momenti di queste carriere si sono incontrati in un terreno musicale comune dando vita a progetti condivisi: era accaduto nel 2005 con l'album In the reins ed è accaduto a distanza di circa 15 anni con l'album uscito in questo 2019 dal titolo Years to burn.
Questo nuovo disco ha dato l'avvio a un tour in cui i Calexico e Iron & Wine si esibiscono insieme sul palco, accompagnati da una band che ne valorizza appieno le sonorità e le aspirazioni musicali, tra cui il trombettista Jacob Valenzuela, uno straordinario bassista che fa anche un grande assolo al contrabbasso, e un eccellente tastierista che offre anche delle esibizioni alla fisarmonica.
Prima che salgano sul palco gli ospiti d'onore della serata, il live inizia con l'opening dei Panta, una band italiana per me sconosciuta, formata da un cantante-chitarrista, una seconda voce femminile, un altro chitarrista, un bassista, un percussionista e una tastierista. I Panta cantano in italiano e fanno un genere che a me è sembrato fondamentalmente un indie-pop, anche se probabilmente dal loro punto di vista questa etichetta potrebbe essere riduttiva. Il gruppo ci propone una selezione del proprio repertorio in parte confluito nel primo album dal titolo Incubisogni. La loro esibizione suscita reazioni diverse nel pubblico: qualcuno si fa conquistare e apprezza, qualcuno è sostanzialmente indifferente e qualcun altro mostra segni di fastidio rispetto alla presunta artigianalità dell'esibizione. A me più che altro le canzoni dei Panta non dicono molto e non riesco ad appassionarmi granché né ai testi né alle melodie che non mi suonano particolarmente originali.
Al termine della loro esibizione e dopo le prove sugli strumenti, salgono sul palco Sam Beam, che si posiziona al microfono a sinistra, con a fianco uno sgabello su cui è poggiato un bicchiere di vino, e Joey Burns, che - con il suo cappello bianco calcato sulla testa e la sua chitarra - si posiziona a destra. Inizia così un live in cui si alternano le sonorità un po' tex mex dei Calexico e quelle più folk-intimistiche di Iron & Wine. Nell'incontro di queste due anime musicali, accade che le cose più riuscite sia non tanto quelle in cui esse si fondono perdendo di identità (come in parte accade nel disco, che - devo ammettere - non mi ha conquistata), bensì quelle in cui emerge lo spirito più proprio di ciascuno. E dunque nella prima parte del concerto sono molto belle le esecuzioni che mettono in campo al massimo grado gli strumenti, soprattutto la tromba, la fisarmonica e il contrabbasso, alzando il ritmo e la passione (che sono poi i punti di forza dei Calexico), mentre nella seconda parte, quella in cui Sam Bean e Joey Burns duettano da soli sul palco, emerge la componente più cantautoriale e romantica che è la cifra stilistica che meglio si confà ad Iron & Wine.
In sostanza, come accade nei matrimoni meglio riusciti, non è la fusione e l'annullamento delle individualità che produce i risultati migliori, bensì la valorizzazione delle singolarità e la disponibilità di ciascuno a mettersi di volta in volta e reciprocamente al servizio dell'identità musicale altrui.
Il risultato è decisamente affascinante, e il pubblico - nonostante l'ora tarda e il caldo che ti incolla addosso i vestiti - ascolta rapito e attento questo riuscito esperimento musicale, in cui due cantanti in parte simili ma anche molto diversi per personalità e scelte musicali offrono al pubblico la parte migliore di sé avvalendosi anche dell'apporto dell'altro.
I musicisti ci offrono anche un paio di divertenti siparietti: Sam Bean a un certo punto fa entrare sul palco quello che chiama il suo "personale sommelier" che gli mostra una bottiglia di vino bianco e gliene versa un po' nel bicchiere ormai vuoto, mentre Joey Burns ci mostra la sua bottiglia di acqua minerale sulla cui etichetta ha modificato a penna il nome (intuibile) trasformandolo in FIGO e che - come lui dice - è diventata ormai la sua acqua preferita.
Al termine del live il pubblico li richiama a gran voce e tutti i musicisti tornano sul palco per eseguire la canzone omonima dell'album Years to burn, con cui si chiude questa bella serata musicale nel magnifico scenario di Villa Ada.
Voto: 3,5/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!