La linea verticale / Mattia Torre. Milano: Baldini e Castoldi, 2017.
[La mia personale dedica a un autore che amo molto e che purtroppo il destino ha portato via oggi. Troppo presto].
Come si può facilmente verificare facendo una breve ricerca in questo blog, Mattia Torre è un autore che mi piace parecchio e che seguo ormai da diversi anni. Ne apprezzo la qualità della scrittura e l'acume con cui riesce a parlare di temi se vogliamo quotidiani o comunque che possono riguardare la vita di tutti in maniera leggera e profonda al contempo.
La sua scrittura secondo me esprime le sue massime potenzialità quando viene recitata, ma anche nella sua espressione letteraria funziona parecchio bene, come avevo avuto modo di appurare con la lettura di In mezzo al mare: cinque atti comici.
Con La linea verticale le intersezioni e gli scambi tra i vari linguaggi e mezzi divengono ancora più articolati, visto che quella che è nata come la sceneggiatura di una serie per la televisione è diventata successivamente un volumetto per i tipi di Baldini e Castoldi.
La lettura è molto scorrevole e il volumetto scivola via rapidamente tra qualche risata amara e non poche riflessioni, cosa che è poi una caratteristica precipua di Mattia Torre.
La scrittura è fortemente visiva e la sensazione che quelle che leggiamo siano situazioni destinate a una messa in scena resta piuttosto inevitabile.
Nonostante questo però il racconto di questa avventura ospedaliera che vede Luigi, sposato, padre di una bambina e in attesa di un secondo figlio, scoprire all'improvviso di avere un tumore al rene e trovarsi la vita rovesciata da un repentino ricovero, da un intervento delicato e da una faticosa degenza risulta commovente e ironico al contempo.
La buffa galleria di personaggi che compongono il micromondo ospedaliero, i medici - il mitico chirurgo Zamagna, l'oncologo Aliprandi, l'infettivologo Barbieri ecc. -, il personale dell'ospedale - caposala, infermieri, portantini con i loro caratteri e le loro abitudini - e i compagni di degenza - il somalo Ahmed che ha un negozio in via de' Coronari ma tutti lo considerano un migrante, Marcello che ne sa più dei medici, il prete Costa costretto anche lui all'intervento, Lellone ecc., è decisamente vivida e rimane a lungo impressa nella memoria.
Certo, quello di Mattia Torre è un testo che - pur gravato dall'incontro difficile e doloroso di un uomo con una malattia che avvicina pericolosamente il pensiero della morte - vuole rimanere leggero e non ci costringe a confrontarci con esiti tragici, almeno non nel tutto sommato breve arco di tempo che Luigi trascorre in ospedale. Certamente però fa riflettere sui meccanismi psicologici della malattia e in fondo sulla sua inevitabile ordinarietà acquisita e fa guardare all'ambiente ospedaliero con un occhio se vogliamo più affettuoso e buono di quanto non siamo usi fare di solito.
Voto: 3/5
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