Questa volta l'iniziativa del concerto la prende F. cui è capitato di ascoltare Fantastic Negrito e se n'è innamorata. Cosicché non solo mi ha passato i suoi album, ma non si è lasciata sfuggire la possibilità di vederlo dal vivo.
Io l'ho ascoltato un po' e ho capito che - al di là di qualunque considerazione - si trattava di un'occasione da non perdere.
E così eccoci al Largo Venue a tentare come al solito di guadagnare le prime file per goderci appieno lo spettacolo (e poi così io sono contenta perché riesco a fare anche qualche foto).
Il palco è sovraffollato di strumenti tanto che non riusciamo a capire esattamente quale dovrebbe essere la posizione di Fantastic Negrito. Ma scopriamo presto che l'allestimento nasce dal fatto che prima del cantante si esibiranno come opening i Superdownhome. E dire che qualche dubbio doveva venirci visto che in fondo al palco campeggiava una grande tenda scura con la scritta "superdowhome"! Si tratta di due musicisti provenienti da Brescia che fanno musica rock-blues tradizionale. Entrambi si presentano con abbigliamento consono (stivaletto, camicia bianca, panciotto, laccetto al collo, occhiali a goccia, e uno dei due ha anche una bombetta nera), e sul palco occupano ciascuno la propria posizione: uno alla batteria e l'altro su un basso sgabello dove suonerà molteplici tipi di strumenti a corde che chiamerò riduttivamente chitarre, ma che sicuramente hanno nomi specifici.
I Superdownhome sono ottimi musicisti e certamente energia ed entusiasmo non gli mancano, cosicché l'atmosfera si scalda in men che non si dica e il pubblico - via via più numeroso - partecipa battendo le mani e muovendosi a tempo di musica. Personalmente, li ascolto volentieri senza esserne conquistata, ma del resto non è il tipo di musica che io preferisco e la sensazione di già sentito - fors'anche ingenua - resta troppo forte.
In ogni caso il pubblico apprezza e i Superdownhome al termine della loro esibizione sono visibilmente contenti e salutano affettuosamente il pubblico romano.
Il tempo di risistemare il palco, dove al centro viene posizionato un microfono a un'altezza improponibile che annuncia l'arrivo dell'ospite d'onore della serata, ed ecco che arrivano i musicisti di Fantastic Negrito: un batterista di colore che finirà il concerto quasi nudo, un tastierista anche lui di colore vestito con camicia a righe e cravatta che sembra un predicatore battista, e un chitarrista bianco con un abbigliamento e un atteggiamento tra il naif e il libertino.
Appena i musicisti sono ai loro posti, sale sul palco Fantastic Negrito, con un'acconciatura fantastica (i capelli sono raccolti in dread orientati in tutte le direzioni), nonché dei pantaloni larghi e delle scarpe a punta e una casacca viola senza maniche dallo stile orientale.
Da qui in poi inizia un concerto che forse sarebbe meglio chiamare performance, perché - pur nell'alternarsi delle canzoni che provengono da tutti gli album del musicista (quello omonimo, poi The last days of Oakland e Please, don't be dead) - non c'è soluzione di continuità né vera cesura tra canzoni, intermezzi musicali e parlato.
Fantastic Negrito canta anche quando si rivolge al pubblico e crea connessioni linguistiche e sonore tra una canzone e l'altra, anche con il supporto dei suoi musicisti che sono straordinari nella capacità di stargli appresso.
Se andate a cercare delle informazioni su questo musicista, al secolo Xavier Amin Dphrepaulezz, non ci metterete molto a rendervi conto che ha una storia quasi incredibile: dopo un’infanzia in una famiglia molto religiosa e dalle regole rigide, Xavier viene a contatto con il mondo della droga e gli ambienti della criminalità, prima di imparare la musica infiltrandosi alle lezioni tenute all’Università senza essere iscritto. In tempi più recenti Xavier è stato vittima di un incidente quasi mortale ed è stato in coma per quasi tre mesi. Non si esagera perciò nel dire che Fantastic Negrito è un sopravvissuto che porta anche su di sé i segni di questa vita accidentata, ma è anche uno di quelli che la musica ha salvato da sé stesso.
Sul palco il talento di questo cantante e musicista è palese e quasi sovrabbondante e trova mille canali per esprimersi: dalle straordinarie capacità vocali che coprono un'estensione davvero notevole al modo in cui si muove, dall'interlocuzione e l'interazione con il pubblico e quella con i musicisti.
Il suo repertorio affonda le radici in molteplici generi, dal gospel al blues, al folk al rock, fino ad arrivare all'R&B, producendo un mix originale nel quale Fantastic Negrito dimostra di essere sempre a suo agio, qualunque sia il tipo di sonorità prevalente.
E non importa se poi a me piace soprattutto quando canta cose come In the pines (che non è sua, bensì appartiene al repertorio della musica folk tradizionale dei neri d’America ed è soprattutto associata al bluesman Lead Belly, oltre che a una famosa versione suonata dai Nirvana). Del resto, come dice Fantastic Negrito, il suo intento non è certo quello di piacere a tutti e di rassicurare, semmai – e questo è evidente in ogni dettaglio – di destabilizzare e far uscire dalla propria comfort zone. Non a caso il suo bis sarà la canzone Bullshit Anthem, degna conclusione di questa serata caldissima, in cui alla fine non sudano solo i musicisti sul palco e il pubblico, ma anche le tubature sul soffitto la cui condensa ci cade addosso a grosse gocce.
Voto: 4/5
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