Ormai io e F. siamo diventate delle vere e proprie habitué dei concerti di Giovanni Sollima e - per quanto possibile - non ce ne lasciamo scappare nemmeno uno.
Dopo l'esibizione al Teatro Argentina nel progetto cello solo Ba-Rock, questa volta il violoncellista palermitano porta al Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica il concerto Radici, suonato insieme al Music Up Close Cello Ensemble, un progetto europeo rivolto ai giovani cui partecipano l'Accademia di Santa Cecilia e altre orchestre e organizzazioni europee e internazionali.
In particolare, questo concerto è il risultato di un'iniziativa comune dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, della Netherlands Philharmonic Orchestra e dell'Orchestra Sinfonica di Barcellona e Nazionale di Catalogna.
In Sala Borgna, insieme a Giovanni Sollima, entrano dunque dodici giovani violoncellisti, nove dei quali italiani, una olandese e due spagnoli.
Il programma della serata, come ce lo presenta lo stesso Sollima e come è scritto nell'opuscolo illustrativo, è sostanzialmente un percorso attraverso le epoche e le culture, alla ricerca delle radici del canto popolare, che dimostrano di essere profondamente condivise soprattutto a una certa latitudine.
Si comincia dunque con Krunck, un suggestivo canto della tradizione armena di Padre Komitas, per passare alla Sinfonia da Adelson e Salvini di Vincenzo Bellini (al cui interno si riconosce un percorso che attraversa l'Italia per arrivare alla Francia), quindi ci si posta in Brasile con Ceco Aderaldo di Egberto Gismonti, poi alla Romanza di Niccolò Van Westerhout, musicista che per una serie di coincidenze nacque a Mola di Bari, quindi al Fandango di Luigi Boccherini, al canto macedone Ako Umram il Zaginam, e ancora alla Sardana di Pablo Casals, al pezzo Bêri dello stesso Sollima, per chiudere in bellezza con una scatenata pizzica salentina.
Tutti questi pezzi, anche quelli originariamente scritti per altri strumenti, sono ovviamente proposti nella versione arrangiata per Cello Ensemble, con esiti molto interessanti e a tratti emozionanti. È una montagna russa musicale quella su cui Sollima e gli altri violoncellisti ci conducono, facendoci perdere il senso dell'orientamento nello spazio e del tempo e, al contempo, facendoci ritrovare un centro musicale attorno al quale tutto gravita.
L'istrione della situazione resta ovviamente Sollima, che - come è nel suo stile - non sta un attimo fermo e - sia quando suona il suo violoncello sia quando dirige - lo fa con tutto il corpo e con tutto sé stesso; ma quello che colpisce è la concentrazione e la bravura, nonché l'intesa tra i giovani musicisti che lo affiancano e che dimostrano di essere all'altezza del maestro.
Al termine del concerto, il Cello Ensemble ci omaggia con due pezzi ulteriori, Segura Ele di Jaques Morelenbaum, e l'inno del Sudafrica, che come dice Sollima, in realtà è un po' l'inno di tutta l'Africa.
Alla fine - e come sempre ai suoi concerti - il pubblico è entusiasta e anche i numerosi bambini - anche molto piccoli - che hanno assistito attentissimi a tutto il concerto spellandosi le mani per i numerosi applausi.
Sollima si conferma un mattatore musicale capace di mettere la musica in comunicazione da un lato con i musicisti, soprattutto i più giovani, cui tiene particolarmente, dall'altro con il pubblico, a qualunque fascia d'età e livello socio-culturale appartenga.
Voto: 4/5
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