La cena delle belve è un testo teatrale scritto nel 1960 da Vahé Katchà, diventato poi nel 1964 un film per la regia di Christian Jaque. Nel 2001 Julien Sibre se n'è innamorato e, dopo aver ricontattato Katchà, morto poi un paio di anni dopo, ha deciso di rimetterlo in scena.
In Italia il testo francese è stato riadattato da Vincenzo Cerami ed è in questa versione che lo spettacolo arriva in Italia con la regia di Julien Sibre e Virginia Acqua, portato in scena dal Teatro Carcano Centro d'Arte Contemporanea.
La messa in scena si avvale anche della proiezione di video animati in bianco e nero realizzati per la versione francese dello spettacolo, che mostrano quanto accade al di fuori della stanza dove si svolge la vicenda, i cui disegni in bianco e nero, un po' spigolosi e minimalisti, ricordano un po' lo stile di Marjane Satrapi.
La storia è quella di un gruppo di amici che, nella Roma del 1943, si ritrova a casa del libraio Vittorio per festeggiare il compleanno della moglie di questi, Sofia. Quando la cena è quasi terminata si sentono degli spari in strada e i sei si accorgono che qualcuno ha ucciso due ufficiali delle SS. Inizia così il rastrellamento nel palazzo e alla loro porta bussa un comandante delle SS che sta prendendo in ostaggio due persone per ogni appartamento per rappresaglia. Quando entra riconosce Vittorio da cui ha acquistato in passato dei libri antichi e, in nome di questa conoscenza, concede agli occupanti di scegliere loro stessi chi saranno i due ostaggi.
Inizia così un gioco al massacro, una lotta per la sopravvivenza in cui ognuno tira fuori il peggio di sé e accampa le motivazioni più varie per non doversi proporre come ostaggio. Una specie di esperimento sociale che dimostra come l'amicizia e i legami tengono solo fino a quando non viene messa a repentaglio la propria stessa vita.
Lo spettacolo ha un fondo evidentemente drammatico, ma lo stile è ironico e brillante e a più riprese si ride e si sorride, seppure amaramente.
Pur rivelando a tratti la sua età, il testo di Katchà riadattato da Cerami mantiene ancora oggi la sua freschezza e modernità e rivela, anche al di là della contingenza storica che racconta, alcuni tratti della natura umana che sono trasversali rispetto al tempo e allo spazio. Ne viene fuori un ritratto in cui, di fronte al pericolo della morte, egoismo e meschinità hanno la meglio, indipendentemente da carattere, livello culturale, condizione personale.
E in questo senso tutti dobbiamo fare i conti con questa nostra natura e non chiamarci fuori o sentirci superiori nella consapevolezza che, nella concretezza di una situazione di questo genere, non saremmo migliori dei personaggi che vediamo agire sul palco e sui cui volti riconosciamo la paura primordiale che sotterraneamente accompagna tutta la nostra esistenza.
Spettacolo non sfavillante dal mio punto di vista, ma certamente gradevole e apprezzabile, ben interpretato dall'ottimo cast di attori.
Voto: 3/5
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