Il sole dei morenti / Jean-Claude Izzo; trad. dal francese di Franca Doriguzzi. Roma: edizioni e/o, 2004.
Su suggerimento di un amico ho comprato e letto Il sole dei morenti, l'ultimo romanzo scritto da Jean-Claude Izzo prima della sua morte prematura.
La storia è quella di Rico, un senzatetto che vive per le strade di Parigi. Quando l'amico Titì muore a causa del freddo e tra l'indifferenza generale in una stazione della metropolitana, Rico - già sofferente - decide che non vuole morire nel freddo di Parigi e dunque inizia un fortunoso viaggio verso Marsiglia, città alla quale sono legati i ricordi di un amore di gioventù, quello per Lèa, e che almeno può regalargli caldo e sole. Il viaggio di Rico inizia insieme a Dédé che però si ferma ad Avignone prima di raggiungerlo nuovamente a Marsiglia, ed è costellato di numerosi incontri con altre persone che la vita in qualche modo ha messo in un angolo, e che a questo destino hanno reagito ciascuna a proprio modo, con rabbia, con tristezza, con umanità, con affetto o compassione, tra cui spiccano le figure di Felix e di Mirjana. Questo viaggio è anche l'occasione per raccontare la storia di Rico e di come la vita di una persona normale, con una famiglia, una casa e un lavoro, abbia a un certo punto deragliato iniziando quella discesa agli inferi che l'ha portato prima verso l'alcol, poi sulla strada a vivere di espedienti.
Il romanzo di Izzo si articola in due parti: nella prima parte qualcuno - ancora non sappiamo chi - racconta a noi lettori la storia di Rico, quella del suo viaggio da Parigi a Marsiglia, ma anche le storie del suo passato, raccontategli dallo stesso Rico; nella seconda parte il narratore si rivela essere Abdou, un giovane algerino emigrato in Francia, che ha incontrato Rico a Marsiglia diventandogli amico e confidente, e dunque depositario della sua storia fino alla morte. La prima persona utilizzata nella narrazione in questa seconda parte ci avvicina ancora di più a Rico, facendosi vivere "in diretta" e con straziante tristezza i suoi ultimi giorni.
Il racconto - come ci dice lo stesso Izzo nella nota alla fine del libro - pur essendo di fantasia si basa su storie reali e su notizie raccolte dall'autore attraverso giornali e interviste e si propone di dare voce a chi una voce non ha, agli invisibili da cui siamo circondati e che facciamo finta di non vedere.
La storia di Rico è una rappresentazione realistica e fedele dei sentimenti e degli stati d'animo di chi a un certo punto della vita si perde e non riesce più a tornare indietro. Izzo riesce nel non facile tentativo di farci immedesimare in un personaggio che nella vita reale, per superficialità e scarsa conoscenza, consideriamo qualcosa di altro e di lontano da noi, instillandoci il dubbio che a chiunque può capitare di perdersi perché quando si imbocca la china è quasi inevitabile scivolare giù e lasciarsi andare e praticamente impossibile risalirla. Non solo dunque comprendiamo il dramma e la sofferenza di quest'uomo, ma siamo chiamati in causa in quanto colpevoli di quell'indifferenza e di quel giudizio che con troppa superficialità dispensiamo al mondo intorno a noi e che contribuiscono a relegare queste persone ai margini della società.
Izzo ci fa scoprire la ricchezza, l'umanità e la profondità che popolano il mondo dei reietti della società, ma anche la cattiveria, l'opportunismo e la brutalità di cui essi sono soggetti sia attivi che passivi. E certamente punta l'attenzione sul fatto che l'unica solidarietà verso Rico arriva da altre persone marginali come lui, Mirjana e Abdou, mentre il mondo cosiddetto "normale" preferisce dimenticarsi della sua esistenza e rimuoverlo dalla propria vista e dalla propria mente.
Voto: 3/5
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