L'altro giorno con la mia amica F. si rifletteva sul fatto che questa stagione teatrale romana stenta ancora a decollare. Vero è che ancora siamo relativamente all'inizio, però ho come la sensazione che, a questa data, l'anno scorso avessimo già visto cose molto interessanti.
Dunque, piene di buone intenzioni e di aspettative, andiamo a vedere Bella figura, lo spettacolo tratto da un testo teatrale di Yasmina Reza, in scena al Teatro Ambra Jovinelli, che secondo noi quest'anno ha il cartellone più promettente.
A me la Reza piace: avevo visto a suo tempo sia a teatro e poi al cinema il suo maggiore successo, Carnage, e recentemente ho letto e apprezzato parecchio il suo ultimo libro, Babilonia.
In Bella figura al centro dell'intreccio - come in Carnage - ci sono due coppie: da un lato Andrea (Anna Foglietta) e Boris (David Sebasti), dall'altro Françoise (Lucia Mascino) ed Eric (Paolo Calabresi). C'è poi il personaggio di Yvonne (Simona Marchini), la madre di Eric, che è motore dell'incontro tra le due coppie e rappresenta il contrappunto svampito, ironico e a volte incredibilmente saggio dei discorsi degli altri protagonisti.
Andrea e Boris sono amanti: la prima è madre single di una bambina di nove anni, il secondo è sposato con Patricia ed è in gravi difficoltà economiche. Una sera sono nel parcheggio di un ristorante di lusso e litigano perché Boris ha fatto una gaffe dicendo che il ristorante è stato consigliato da sua moglie. Mentre vanno via investono, senza conseguenze, Yvonne, che figlio e nuora stanno portando al ristorante per il suo compleanno.
Qui iniziano gli imbarazzi perché Françoise è amica di Patricia e, considerato l'atteggiamento disinibito e seduttivo di Andrea, comprende immediatamente che tipo di rapporto c'è con Boris.
Inizialmente sembra che tutte le attenzioni siano focalizzate su Andrea, un personaggio doloroso e sopra le righe, ma a poco a poco - come spesso accade nei drammi della Reza - ognuno dei protagonisti porta alla luce i suoi lati oscuri e i nodi irrisolti, in un crescendo di tensione non solo drammatica, bensì anche comica, sebbene sempre all'interno di una cornice di amarezza.
La scenografia divide lo spazio del palco in verticale: al piano di sotto siamo, a seconda dei casi, nel parcheggio o nel bar del ristorante, al piano di sopra da un lato c'è la sala del ristorante e dall'altro il bagno, dove a turno tutti si rifugiano per rimanere soli con i propri pensieri e le proprie ossessioni, e sfuggire alla "persecuzione" altrui.
Alla fine, resta la sensazione di trovarsi di fronte a una situazione in cui tutti sono sull'orlo di una crisi di nervi, forse anche accentuata dalla recitazione degli attori che è tendenzialmente sopra le righe, nonché quella che la Reza scriva un po' sempre lo stesso testo, sebbene declinato in modi diversi e soffermandosi su tipi diversi di idiosincrasie umane.
Anche la regia dello spettacolo, di Roberto Andò, non ci risulta del tutto fluida, ma forse ormai la perplessità che è andata montando nel corso della visione ha finito per prendere il sopravvento.
Voto: 2,5/5
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