Pic, Puh, Noce, Dani, Frankie e Cri hanno 25 anni. Si conoscono da una vita, essendo nati e cresciuti tutti nello stesso posto. I cinque ragazzi vanno regolarmente a giocare a calcetto insieme, Frankie e Cri stanno insieme da sempre e tutti si aspettano che si sposino da un momento all'altro.
Noi però incontriamo questo gruppo di ragazzi in un momento di svolta delle loro vite: sono appena stati al funerale di Frankie.
I quattro ragazzi chiacchierano, affrontando ed esorcizzando ognuno a suo modo il dolore della perdita: Pic è l'ignorante e il buffone del gruppo, quello che ha sempre una battuta per tutto e parla in continuazione dei suoi bisogni fisici; Noce è il ciccione infantile; Puh fa un po' il saggio e l'adulto della situazione, quello che deve riprendere gli altri per i loro comportamenti; Dani, quello con il lavoro in banca, piange in silenzio. I quattro stanno aspettando l'arrivo di Cri per una cerimonia simbolica di saluto a Frankie e nel frattempo rievocano il passato, si fanno domande, ma soprattutto parlano d'altro pur di non affrontare la verità.
Non sappiamo - e non sapremo durante tutta la narrazione - com'è morto Frankie (un incidente? O un suicidio?), ma ci verrà raccontato cosa è accaduto nell'ultima giornata della sua vita che è poi anche il giorno del suo compleanno, dal mattino presto quando Cri lo sveglia per fargli gli auguri alla notte in cui, dopo aver incontrato Dani, andrà incontro alla morte.
Man mano che - in questa seconda parte dello spettacolo - vanno avanti gli incontri uno a uno tra i personaggi, diventa evidente che in questo gruppo affiatato esistono numerosi malesseri e frustrazioni, e Frankie in particolare si sente in qualche modo ingabbiato in una vita che non è la sua e rispetto alla quale non vede una via d'uscita, né trova alcuna sponda né nella fidanzata né negli amici.
Il testo di Luke Norris parla di una situazione universale e in cui tutti possono a loro modo riconoscersi: è la fatica, a un certo punto della vita - di solito nel passaggio definitivo all'età adulta -, di trasformare lo stare in una compagnia di amici d'infanzia in un'esperienza di autenticità e sincerità. Le amicizie di lunga data sono una straordinaria risorsa a cui attingere e un porto sicuro a cui tornare, però inevitabilmente ingabbiano e cristallizzano ciascuno nel proprio ruolo, non concepiscono né possono accettare l'evoluzione dei singoli, così come il singolo vive come un tradimento verso gli altri la necessità di un cambiamento. Si finisce così tutti per far finta di non capire, non chiedere, non parlare di quello che può essere pericoloso, nel tentativo di chiudere gli occhi di fronte al fatto che le cose possono cambiare e che questo cambiamento può sconvolgere i vecchi equilibri.
Di fronte a questo meccanismo perverso c'è chi - come Dani - fugge, scegliendo di ripartire daccapo altrove liberandosi dal peso del passato, e chi - come Frankie - sembra non trovare una via d'uscita e finisce schiacciato da questo fardello.
Gli altri vanno avanti, come possono, il più delle volte facendo finta di niente e rifiutando la verità, perché questo è oggettivamente l'unico modo per sopravvivere. Chiudere gli occhi per non vedere intorno a sé alcun cambiamento.
Lo spettacolo diretto da Silvio Peroni (su un testo tradotto e adattato da Enrico Luttmann) è ben interpretato da cinque giovani: Giovanni Arezzo, Antonio Bandiera, Laurence Mazzoni, Federico Gariglio, Grazia Capraro e Luca Terracciano. Bella anche la scenografia (ma non sedetevi in prima fila! ;-) ).
Ottimo testo, che suscita molte domande e riflessioni. Bella messa in scena, ottimamente adattata al contesto italiano.
Voto: 3,5/5
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