La protagonista di questo monologo di Mattia Torre è una donna come tante altre: ha un marito, due figli, un lavoro come venditrice in una concessionaria di auto, un'età presumibilmente compresa tra i 40 e i 50 anni. Come per tutte le altre donne tra i 15 e i 50 anni circa, la sua vita è scandita dal ciclo mestruale, quel "fenomeno" per cui - sebbene le giornate siano fondamentalmente tutte uguali - gli esiti sono completamente diversi in quanto condizionati dallo stato d'animo e dal momento ormonale della protagonista.
È così che la donna ci racconta quattro martedì-tipo della sua vita corrispondenti ad altrettante fasi del ciclo mestruale: il primo martedì è quello della mestruazione, il secondo coincide con la fase follicolare, il terzo con quella ovulatoria e l'ultimo con la sindrome premestruale. Se dunque il martedì-tipo è sostanzialmente scandito sempre dagli stessi momenti (la colazione con la famiglia, le istruzioni alla colf, la strada verso il lavoro, l'acquisto di un mazzo di fiori, il lavoro e l'interazione coi clienti, la telefonata pubblicitaria, la pausa pranzo, il ritorno a casa nel traffico, la cena con la suocera, la serata col marito), tutto si colora di una luce diversa - come enfatizzato dalle luci sul palcoscenico - che può andare da un rasserenante verde a un rabbioso e angosciante rosso.
Come spesso accade negli spettacoli basati sui testi di Mattia Torre si ride tanto, riconoscendosi ovvero riconoscendo quello che conosciamo nelle situazioni che ci vengono raccontate con un'arguzia e una capacità di osservazione speciali. Mattia Torre è uno di quegli autori che è in grado di tradurre in parole quello che per la maggior parte di noi ha l'aspetto di una sensazione o di un pensiero indistinto annidato in una qualche parte del nostro cervello. E lo fa andando diretto al punto e cogliendo l'essenziale senza mai perdere un approccio ironico e autoironico, ma non cinico, che riscatta l'esistenza dalla sua banalità e da cui traspare un profondo amore per la vita e una grande empatia per gli altri esseri umani.
È proprio questa empatia che consente a Mattia Torre di scrivere in maniera credibile di un'esperienza che non gli appartiene - quella del ciclo femminile - e di offrire a Geppi Cucciari un ruolo che indossa alla perfezione e al pubblico in sala un'esperienza come sempre a metà strada tra il catartico e l'introspettivo.
Dopo il bellissimo speciale dedicato l'anno scorso dall'Ambra Jovinelli a Mattia Torre, sono ben contenta che la direzione del teatro (che quest'anno ha oggettivamente il cartellone migliore della città!) abbia deciso di continuare a puntare su un autore che secondo me è in questo momento tra i migliori in circolazione.
Voto: 4/5
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