Dedichiamo una piovosissima domenica di novembre a visitare le mostre attualmente in corso al MAXXI, quella dedicata alle fotografie di Paolo Pellegrin e quella che racconta Zerocalcare dai suoi esordi a oggi. Entrambe le mostre sono in programmazione fino al 10 marzo 2019 e meritano certamente una visita non frettolosa.
La mostra di Pellegrin, fotografo italiano in forza a una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo, la Magnum Photos, è allestita al terzo piano dell'edificio, e si articola sostanzialmente in tre parti: un'area più ampia immersa nell'oscurità e che propone foto in cui prevalgono i neri, una saletta piccola completamente bianca e piena di luce in cui trovano spazio alcune foto in cui i bianchi e la luce la fanno da padroni, infine un corridoio di collegamento tra le due sezioni in cui una grande parete è tappezzata di ritagli di giornale, foto, quaderni di schizzi e appunti, lettere e materiali di lavoro, tutte cose che danno conto da un lato dello scrupoloso e complesso metodo di lavoro del fotografo, dall'altro dell'ampiezza e dell'importanza della sua produzione fotografica.
L'allestimento delle foto nelle diverse sezioni è molto curato e variegato, e ogni scelta sembra fatta per valorizzare al meglio lo spirito delle foto. All'ingresso si trova una grande parete su cui sono stampate in sequenza due grandi foto fatte nella zona di Mosul; su queste stampe a parete ci sono da una parte foto di vario formato, che parlano della guerra nelle sue diverse sfaccettature; sull'altra c'è un piccolo schermo con un video girato nello stesso luogo della fotografia di sfondo. Seguono gruppi di fotografie che antologicamente ci propongono delle selezioni di foto che raccontano vicende che, in alcuni momenti della storia recente, hanno caratterizzato determinati luoghi del mondo (Palestina, Rochester, Kos, Libano ecc.). Alcune fotografie, nello specifico i ritratti fatti in Giappone, sono stampati su grandi teli di stoffa che scendono dal soffitto; altre fotografie sono invece stampate in formato più piccolo e organizzate in gruppi, a rappresentare un unico messaggio espresso con molteplici facce.
Nel percorso si apprezza la maturità di questo fotografo, la cui capacità di raccontare i luoghi e di farlo in modo totalmente personale ed emotivamente forte ha le sue radici in una grande perizia tecnica, una straordinaria chiarezza mentale e un rigoroso metodo di lavoro. Come dice la presentazione della mostra, e come è chiaro ai suoi visitatori grazie e soprattutto alla grande parete tappezzata che illustra il fotografo a tutto tondo e non solo nel risultato finale del suo lavoro, Paolo Pellegrin non cerca la singola foto iconica - anche se alcune lo diventano suo malgrado (penso a quella scattata a Beirut o a quella di Roma) - bensì utilizza le fotografie per raccontare la sua personale visione dei mondi con cui viene a contatto. E la cosa straordinaria è che il suo linguaggio, di volta in volta scelto e calibrato a seconda dei soggetti, ci arriva e ci parla in modo forte e chiaro.
L'antologica di Paolo Pellegrin vale una visita, soprattutto per gli aspiranti fotografi e i fotografi amatoriali come me, perché permette di capire che la fotografia non è puro istinto da applicare sul campo, bensì richiede un'attenta preparazione e, in fondo, anche un lavoro di discernimento e di scavo interiore per comprendere quello che di un luogo e di una realtà vogliamo raccontare, nonché la capacità di tradurre tutto questo in un linguaggio fotografico coerente e significativo.
La seconda parte del pomeriggio la dedichiamo alla mostra di Zerocalcare, Scavare fossati nutrire coccodrilli, che è ospitata nello spazio Extra del MAXXI, fuori dall'edificio principale, e che è quella maggiormente presa d'assalto, vista la popolarità del fumettista e anche la novità di una mostra a lui dedicata.
Sebbene di un genere completamente diverso, anche la mostra di Zerocalcare si segnala per la qualità dell'allestimento e dell'organizzazione: lungo le scale, mentre ci si avvicina all'ingresso vero e proprio, si possono leggere le tappe del percorso di Zero dai suoi esordi negli ambienti punk e underground romani fino al sorprendente successo di vendite e di pubblico fino ad arrivare ai progetti presenti e futuri, il tutto raccontato con la consueta ironia e autoironica mista a serietà e rigore che caratterizzano il fumettista romano.
Lo spazio espositivo vero e proprio è ricchissimo: c'è la possibilità di vedere e ascoltare le interviste a Michele Rech e ad alcune persone (Ascanio Celestini, Marco Damilano ecc.) che hanno voluto commentare questa mostra, nonché di guardare le tavole stampate su forex e raccolte dentro scatole di legno, vedere un piccolo video realizzato da Zerocalcare, scorrere su uno schermo una selezione dei disegnetti da lui fatti durante le presentazioni dei libri, e poi attraversare la sua produzione.
Un'intera parete raccoglie i manifesti da lui disegnati per gli eventi più vari e le cause che ha voluto sostenere, un'altra è dedicata a locandine, copertine di dischi e tutte le cose non mainstream e frutto di iniziative collettive in cui Zero è stato coinvolto. Le tavole originali delle strisce sono organizzate in quattro spazi, che hanno i seguenti titoli: Pop raccoglie le strisce più famose, tratte soprattutto dal blog, quelle che gli hanno dato la notorietà, Tribù racconta il mondo dal quale Zero proviene e a cui sente di appartenere, Non-Reportage si riferisce ai lavori in cui Zero racconta con i disegni dei luoghi e delle vicende reali, sebbene sempre con il suo stile inconfondibile, infine Lotte e Resistenze è un po' la sezione che spiega tutto il resto e soprattutto dice qual è l'anima del lavoro di Zerocalcare.
Si potrebbero passare le ore a leggere le tavole e le strisce, nonché i commenti scritti da Zero apposta per la mostra. Alcune storie sono famose e sicuramente ciascun visitatore ne troverà qualcuna che ha già letto e che conosce, ma la quantità di materiali da guardare e leggere resta ampia e significativa soprattutto nell'ottica di inquadrare il fenomeno Zerocalcare e capirne la sua natura, che pur essendo diventata mainstream, è invece profondamente antisistema. In un certo senso, trovo coraggioso che Zerocalcare, come dice anche nell'intervista, utilizzi questa mostra per raccontarsi senza infingimenti e per far vedere anche al grande pubblico che gli si è accostato in tempi recenti qual è la sua storia e la sua identità, cose a cui Zero resta fedele e con cui si mantiene profondamente coerente.
Da vedere entrambe.
Voto: 4/5
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