Non amo le serie. Non ho la televisione. Non ho l'abbonamento a Netflix. E per di più appartengo alla categoria di coloro che ritengono che i festival del cinema dovrebbero accettare solo film destinati in primo luogo alla distribuzione sul grande schermo. Tra l'altro, considero il pagamento di 12 euro per vedere al cinema le prime due puntate de L'amica geniale uno degli effetti perversi e delle conseguenze inaccettabili dell'aver trasformato il cinema da ordinaria occasione di visione di film presenti stabilmente in sala a spazi per eventi sul grande schermo, spesso destinati a nicchie.
Però, mi sono piegata per poter vedere al cinema il risultato della trasposizione - ad opera di Saverio Costanzo - della quadrilogia della Ferrante, che io avevo molto amato. E, visti i numeri sugli spettatori, molti devono aver fatto il mio stesso ragionamento.
È evidente che non è facile e forse nemmeno opportuno giudicare una serie dalla visione delle sole prime due puntate, ma qualche prima considerazione certamente si può fare. Mi pare innanzitutto che la serie abbia scelto la strada della sostanziale fedeltà al romanzo (del resto tra gli sceneggiatori c'è la stessa Ferrante); la ricostruzione ambientale (a quanto pare un enorme set realizzato nella zona di Caserta) è notevole; le due attrici che interpretano Lila ed Elena da piccole (Elisa Del Genio e Ludovica Nasti) sono credibili e azzeccate.
In queste prime due puntate ci fermiamo a circa metà del primo volume della quadrilogia (L'infanzia): Elena e Lila vengono entrambe da famiglie povere, la prima figlia di un usciere e con una madre zoppa, la seconda figlia di un ciabattino. Vanno a scuola insieme, allieve della maestra Oliviero che presto ne riconosce le qualità, la prima diligente e studiosa, la seconda appunto geniale.
Le due diventano presto amiche: Elena è affascinata da questa ragazzina che sembra più sicura, più decisa e più capace di lei di comprendere la vita e il mondo circostante, e che al contempo ha un atteggiamento ambiguo e non le risparmia le sue cattiverie. Entrambe aspirano all'affrancamento sociale e all'autonomia, ma mentre Elena - grazie alla buona disposizione d'animo del padre - potrà fare l'esame di ammissione alle scuole medie, Lila sarà costretta a rinunciarvi.
Il secondo episodio si conclude con l'uccisione di don Achille, il boss e usuraio del quartiere, il cui potere è insidiato da vicino dai sogni di gloria dei Solara.
La serie piacerà certamente a tutti coloro che hanno amato la storia di questa amicizia straordinaria e difficile durata quasi cinquant'anni e che ha attraversato la storia dell'Italia e di Napoli.
Pur nel rilevante dispiego di mezzi che la serie mette sotto gli occhi dello spettatore e delle indubbie qualità registiche, resta dal mio punto di vista qualcosa di inspiegabilmente televisivo, che sinceramente non saprei ben identificare: forse la sensazione di finzione che qua e là fa capolino nel racconto per immagini e quella onnipresente voice over, quella della narratrice Elena, che è vero che c'è anche nel romanzo ma che nel film risulta a mio avviso particolarmente invadente.
Voto: 3,5/5
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