La locanda degli amori diversi / Ito Ogawa; trad. dal giapponese di Gianluca Coci. Vicenza: Neri Pozza, 2016.
Ho iniziato la lettura di questo romanzo un po' in sordina. Riuscivo a leggerne poche pagine al giorno, un po' per mancanza di tempo e stanchezza, un po' perché facevo fatica a entrare nel mood di questa scrittura così 'giapponese' in cui i toni sono quasi sussurrati - silenziati direi - e tutto punta a ricondurre qualunque situazione o emozione destabilizzante a una rassicurante armonia.
Io che sono affascinata dalle storie forti caratterizzate da sentimenti altrettanto forti, ho avuto inizialmente la sensazione di un esasperato e irreale buonismo, che faceva in qualche modo a pugni con i temi molto controversi trattati nel romanzo. Man mano però che le pagine scorrevano mi rendevo conto di essere progressivamente conquistata dalla scrittura di Ito Ogawa e di riuscire se non a comprendere, almeno ad accettare un approccio culturale e una sensibilità che non appartengono a noi occidentali, un modo di esprimersi diverso, ma non meno potente ed efficace.
La storia è quella di Izumi, Chiyoko, Sosuke e Takara. E il libro si articola in quattro capitoli, in cui la voce narrante cambia e il testimone passa di volta in volta da uno all'altro dei protagonisti in ordine decrescente di età, facendo progredire la narrazione e aprendola al futuro.
Izumi, la voce narrante del primo capitolo, è la madre di Sosuke, abbandonata dal marito che è andato via con un'altra donna. Un giorno sulla banchina di una stazione si accorge - tra la folla - di una ragazza, ne coglie la sofferenze e ne intuisce le intenzioni suicide. La ragazza è Chiyoko e questo incontro fortuito ma denso di conseguenze sarà determinante non solo per quest'ultima, sottraendola alla sua intenzione di morire, ma anche per Izumi, la cui vita sta andando alla deriva.
L'amore che inaspettatamente sboccerà tra queste due donne sarà l'inizio di una vita insieme in una nuova casa in un luogo immerso nella natura, che loro chiamano la valle di Machu Picchu. Qui la famiglia si arricchirà di un nuovo membro, la piccola Takara, frutto di una relazione precedente di Chiyoko.
Se l'incontro iniziale tra Izumi e Chiyoko viene raccontato da Izumi, il prosieguo della storia e la nascita di Takara sono affidati alle parole di Chiyoko. Poi, dopo la trasformazione della casa in Locanda Arcobaleno e man mano che Sosuke cresce, è lui stesso a raccontare il suo distacco dalla famiglia per andare a lavorare in città. Infine, la parola passa a Takara che racconta il matrimonio di Izumi e Chiyoko alle Hawaii e gli ultimi tragici eventi che cambiano la forma di questa famiglia, ma non intaccano l'affetto che li unisce e che attraversa tutto il libro.
Alla fine quello che mi sembrava il principale punto di debolezza del romanzo, ossia l'apparente forzata ricerca della composizione dei contrasti, mi è risultato come il suo maggiore punto di forza. Ito Ogawa non passa nulla sotto silenzio né si sottrae ad alcuno dei temi - più o meno controversi e scabrosi - che possono riguardare la formazione e la vita di una famiglia arcobaleno, bensì racconta tutto questo facendone emergere l'assoluta normalità e dandoci una straordinaria lezione di vita. L'esistenza umana - sembra dirci - ha sempre e per tutti gli stessi ingredienti: momenti di felicità e sconforto, armonia e disarmonia, desideri realizzati e frustrati, occasioni colte e altre perse, momenti di relax e di grande fatica, e a tutti vengono in qualche modo dispensate gioie e dolori in eguale o non molto differente misura. Sta a ciascuno di noi decidere come affrontare tutto questo, perché non possiamo scegliere chi siamo e cosa ci accadrà, ma possiamo scegliere di rispettare noi stessi, di amarci per quello che siamo e di essere amorevoli verso i compagni di strada che ci siamo scelti.
Voto: 3,5/5
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