Quaderni giapponesi. Il vagabondo del manga / Igort. Quartu Sant’Elena: Oblomov Edizioni, 2017.
Il Giappone resta uno dei paesi che maggiormente mi affascinano ed esercitano un’attrazione intellettuale ed emotiva su di me. Così, in attesa di riuscire a visitarlo, mi accontento di fare delle piccole immersioni nella cultura giapponese grazie ai pallidi riflessi che ne arrivano in Occidente attraverso mostre, libri e film.
Da questo punto di vista uno degli autori che più mi aiutano a capire questo mondo con parole e immagini, nonché numerosi suggerimenti di lettura, è Igort, il grande fumettista italiano (che da poco ha realizzato una propria casa editrice di fumetti, la Oblomov), il quale con la cultura giapponese ha un rapporto molto stretto, avendo vissuto a lungo in Giappone, come racconta nel primo volume dei Quaderni giapponesi che avevo letto a suo tempo.
In questo secondo volume, Il vagabondo del manga, Igort ci propone un nuovo racconto, quello relativo al viaggio da lui compiuto nel 2015 per incontrare Jiro Taniguchi, il grande maestro morto nel 2017 a cui questo albo è dedicato.
L’albo – com’è tipico di Igort – è un articolato mix di scrittura, disegni, fotografie, che in parte raccontano i luoghi e le persone incontrate con grande realismo e producendo un effetto fortemente immersivo, in parte costituiscono divagazioni più o meno lunghe su aspetti o personaggi della cultura giapponese che le esperienze di viaggio suggeriscono all’autore o ch'egli ritiene essenziale approfondire per comprendere questa cultura.
In questo viaggio, il primo – ci dice Igort – senza avere scadenze e veri appuntamenti e dunque caratterizzato da un vagare senza una meta precisa insieme a un amico fotografo paesaggistico, egli pone una particolare attenzione alla contraddizione e nello stesso tempo alla complementarità delle due anime del Giappone, quella caotica e in continuo cambiamento delle metropoli, in particolare di Tokyo, e quella silenziosa e immutabile dei posti lontani dalle città, dove basta allontanarsi poco dai flussi turistici per avere la sensazione che il tempo si sia fermato.
La profonda conoscenza che Igort ha della cultura giapponese – e che si vede anche dal modo incredibile con cui ne disegna tutte le componenti, dai paesaggi ai volti ai mostri – gli consente una immersione vera in questo mondo.
Del resto, nel caso del Giappone la caratteristica propriamente umana di trasformare dolore e tragedie in racconto per esorcizzarli e dargli un senso trova proprio nelle forme espressive composte di parole e immagini disegnate la sua massima rappresentazione (non a caso la scrittura giapponese è anche disegno), e in qualche modo Igort ce ne dà una dimostrazione pratica.
Non si può chiudere questo albo senza pensare di voler immediatamente partire e ripercorrere le tappe che Igort ci ha raccontato, ben sapendo che il viaggio è sempre un percorso interiore e dunque ognuno deve trovare il modo, i tempi e le tappe che più rispecchiano la propria ricerca intima.
E questo lo si può fare a volte solo perdendosi o lasciandosi guidare dal proprio istinto, senza avere fretta e senza forzare le tappe.
Voto: 4/5
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