L'estate del '78 / Roberto Alajmo. Palermo: Sellerio, 2018.
"Bisognerebbe provare a stilare una specie di Repertorio delle Gioie Irrecuperabili. Quel genere di piaceri che non siamo in grado di cogliere sul momento, e di cui ci rendiamo conto solo qualche tempo dopo, quando ormai sono impossibili da conseguire o riprodurre. [...] Ecco un piccolo elenco esemplificativo, personale ma forse neanche tanto:
- Leggere senza occhiali.
- Mangiare frittura a cena.
- Evitare di asciugarsi i capelli dopo lo shampoo.
- Peggio ancora: lasciarsi fonare dal vento, in motocicletta.
- Dormire la notte intera.
- Accovacciarsi sulle ginocchia.
- Far l'amore con una certa persona.
- Abbracciare un genitore.
- Essere riconosciuti, da un genitore." (p. 34)
L'estate del '78 è quella in cui Roberto si sta preparando per l'esame di maturità, ma è anche - sebbene lui non lo sappia in quel momento - l'ultima occasione per incontrare sua madre. Elena infatti morirà - probabilmente volontariamente - per una overdose di "barbiturici" all'età di 42 anni, esito di una lunga depressione.
Con questo libro Roberto Alajmo dà conto della propria personale indagine volta non tanto a scoprire delle verità nuove e sconvolgenti, quanto a mettere in fila i ricordi, raccogliere le informazioni e interpretare con gli occhi di oggi quanto da bambino e ragazzo non ha voluto o non ha potuto comprendere.
Alajmo dunque, attraverso foto, ricordi e documenti, va alla ricerca delle tracce che già nel passato facevano in qualche modo prefigurare quello che sarebbe accaduto, e in questa ricerca viaggiano parallele le memorie della vita familiare - del suo essere bambino e poi ragazzo, dei suoi genitori, della loro separazione, del rapporto con suo fratello Marcello, delle figure degli altri familiari più o meno vicini - e il racconto del passato prossimo e del presente, in particolare del rapporto con il figlio Arturo.
Non si cerca mai nel passato per puro gusto di ricostruzione, bensì per dargli un senso rispetto al presente e per cercare in quel passato le radici e le origini del nostro presente.
C'è forte - in questa indagine biografica e autobiografica - la sensazione che l'umanità procede attraverso le generazioni per continuità e, insieme, per discontinuità, ossia che tutti noi siamo l'esito di quello che ci ha preceduto, di una lunga catena di eventi, di persone e di geni, ma siamo anche l'occasione per smentire il passato e per affermare la nostra diversità nella continuità.
Nel romanzo di Alajmo c'è però anche una riflessione e un'indagine di secondo livello rispetto a quella di carattere autobiografico, che riguarda l'idea stessa di felicità. La citazione con cui ho aperto questo post è molto indicativa dell'approccio concettuale che sembra pervadere le pagine di questo libro, ossia la convinzione che la felicità è un "treno che passa in direzione contraria", e dunque è un incontro fuggevole che - nel momento in cui ce ne rendiamo conto - è già passato, e torna infatti come memoria nostalgica. E in un certo senso probabilmente la scrittura è uno dei modi che abbiamo per fermare quel ricordo e poterlo riassaporare nel tempo.
C'è una vena tra il dolce e il malinconico, tra il nostalgico e il pessimista nel libro di Alajmo, che certamente riflette il momento della vita in cui l'autore scrive e che è probabilmente uno di quei momenti in cui ci si ritrova a fare dei bilanci, non necessariamente e non esclusivamente per concludere un percorso, bensì anche per iniziare strade nuove. E non a caso la forza di questo romanzo sta nella sincerità che trasmette al suo lettore, nonché nella semplicità con cui - com'è proprio della letteratura - ci rende palesi e quasi banali alcune verità della nostra esistenza che non sono affatto scontate in quanto richiedono un attento e sensibile lavoro di introspezione.
Voto: 3,5/5
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