Isabelle (una splendida Juliette Binoche) è una (circa) cinquantenne, separata, madre di una figlia, in buoni rapporti (a volte anche sessuali) con l'ex marito. È un'artista, frequenta il mondo dei galleristi e degli intellettuali parigini e apparentemente non le manca nulla per essere felice o per provare a esserlo.
Però Isabelle è affamata di amore e sembra non essere a suo agio senza una storia (di sentimenti e di sesso). Il film di Claire Denis (visto in anteprima nell'ambito del festival del film francese Rendez- vous) non ha un vero e proprio sviluppo narrativo, bensì ci mostra una sequenza di incontri che Isabelle fa con possibili partner più o meno improbabili, eppure in fondo fin troppo realistici: un banchiere sposato che le dice che non lascerà mai sua moglie, un attore di teatro - anche lui sposato - che non ha mai le parole per esprimere le cose e vive oscillando costantemente tra il rimorso e il rimpianto, un misterioso uomo forse di estrazione sociale più bassa ma gran ballerino, un gallerista separato che vorrebbe andarci cauto. Intorno a Isabelle ruotano inoltre numerosi altri personaggi, maschili e femminili, ognuno a suo modo alla ricerca di una vita amorosa soddisfacente, ognuno a suo modo insoddisfatto e deluso dai propri rapporti di coppia, non ultimo un veggente (un Gérard Depardieu di dimensioni spropositate), confuso come tutti, che - mentre dice a Isabelle di concentrarsi sull'essenziale, ossia se stessa, e di cercare il proprio "bel sole interiore", quello che non ha bisogno di fonti di luce esterne per risplendere - in realtà ne asseconda l'ansia di ricerca dell'uomo giusto, che è sempre il prossimo, quello che non abbiamo ancora incontrato.
Quello di Claire Denis è un tipico film francese, molto parlato, liberamente ispirato ai Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes. È un film in cui - se si ha un'età compresa tra i 30 e i 60 anni (o addirittura al di fuori di questa fascia d'età) - è impossibile non identificarsi e al contempo non tentare, per tutta la durata del film, di prenderne le distanze. Mentre assistiamo alle avventure e alle disavventure di Isabelle non possiamo fare a meno di sorridere e in alcuni casi di ridere di fronte alla galleria di personaggi irrisolti e problematici che lei incontra, nonché di fronte alle sue reazioni talvolta infantili e ai limiti del patetico. Però tutti siamo consapevoli del fatto che Isabelle ci assomiglia in fondo più di quanto vorremmo, anche a chi - in modo speculare rispetto alla protagonista che va alla ricerca disperata ed esasperata di un compagno - si tiene a debita distanza da qualunque coinvolgimento amoroso.
E alla fine del film non si può che uscirne depressi nella consapevolezza che nessuno può sfuggire alla perversa dinamica affettiva che caratterizza l'essere umano e per la quale non riusciamo veramente a bastare a noi stessi e a sentirci completi da soli, ma al contempo soffriamo della incomunicabilità e della fragilità dello stare in coppia.
Come si esce da questa spirale il film della Denis non ce lo dice. Sta dunque a ognuno di noi scoprirlo nella propria vita e cercare il migliore compromesso possibile, l'equilibrio per noi più accettabile, senza farsi condizionare da stereotipi e imposizioni sociali.
Voto: 3/5
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