Scrivere una recensione vera e propria su qualcosa che è completamente al di là della mia portata sarebbe un segnale di tracotanza (o di pressapochismo, a seconda dei punti di vista) che non mi si addice.
Mi limiterò dunque a dire che ho accettato di buon grado questa proposta di F. perché - pur essendo profondamente ignorante in fatto di musica classica - mi piace ogni tanto espormi a quello che non conosco e provare a vivere le cose sul piano emotivo più che su quello intellettuale.
Poi mi incuriosiva il contatto diretto con quello che è considerato uno dei più grandi violisti viventi, tra l'altro con una storia personale piuttosto articolata, com'è tipico di tutte le figure a loro modo geniali. Da questo punto di vista mi è tornata alla mente la storia - certamente più estrema - di Sergei Polunin, su cui avevo visto qualche tempo fa un bellissimo documentario, Dancer.
E così eccomi al Teatro Argentina per il concerto di uno dei più grandi violinisti viventi, inserito nella stagione dell'Accademia Filarmonica Romana. Maxim Vengerov, siberiano di nascita, è accompagnato al pianoforte da Polina Osetinskaya e ci propone un programma articolato in due parti: nella prima due sonate di Johannes Brahms, la Sonata n. 1 in sol maggiore per violino e pianoforte op. 78 e la Sonata n. 3 in re minore per violino e pianoforte op. 108, nella seconda parte la Sonata n. 2 in sol maggiore per violino e pianoforte di Maurice Ravel e il Cantabile in re maggiore per violino e pianoforte op. 17 di Niccolò Paganini.
Personalmente non riesco ad appassionarmi granché alla prima parte, ossia alle due sonate di Brahms, mentre la mia attenzione e i miei sensi si risvegliano completamente con la sonata di Ravel, che nonostante le dissonanze e certe passaggio ostico suona in qualche modo moderna alle mie orecchie e risveglia memorie uditive che mi consentono di seguirla. Paganini infine consente a Vengerov di esercitare tutto il suo virtuosismo.
All'applauso del pubblico seguono quattro (o cinque?) bis che suscitano reazioni via via più entusiaste da parte del pubblico e si concludono con una standing ovation di quasi tutto il Teatro Argentina.
Dietro di noi ci sono dei veri esperti di musica classica (o almeno così sembra), i quali fanno commenti dotti sul programma e sulle esecuzioni. Alla fine si dicono soddisfatti ma con qualche perplessità.
Io ovviamente non so che dire. Sono soltanto felice di aver potuto assistere a questo spettacolo e ascoltare due grandi musicisti.
(Ovviamente non vi aspettate un voto, per lo stesso motivo che ho spiegato in apertura di post!)
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