Frequentavo il Teatro della Cometa molti anni fa, quando aveva una programmazione molto diversa: mi ricordo che in questo teatro ho scoperto per la prima volta la grandezza di Elisabetta Pozzi nello spettacolo Maria Stuarda.
Nel tempo però questo teatro ha cambiato un po' natura e target di pubblico ed è rapidamente uscito dai miei orizzonti. Sono dunque rimasta abbastanza sorpresa quando ho visto la tematica di questo spettacolo e ho accettato di buon grado la proposta di F.
Il regista Andrea Trovato porta al pubblico italiano l'adattamento del testo del drammaturgo inglese Nick Payne, dedicato all'intrigante tema del funzionamento del cervello, in particolare in riferimento alla memoria. Lo spettacolo prevede la presenza in scena di quattro attori che interpretano ventuno personaggi diversi, protagonisti di varie storie (in buona parte ispirate a storie vere) in parte indipendenti in parte intrecciate tra di loro.
Le storie principali sono quella di Henry Molaison, cui a seguito delle crisi epilettiche nel 1953 fu rimossa una parte del cervello che gli causò la perdita della memoria a lungo termine, con l'unica eccezione dell'amore per la moglie, e quella di Thomas Harvey, il patologo che eseguì l'autopsia sul corpo di Einstein e pensò bene di asportare il cervello per sezionarlo ed effettuare degli studi che secondo lui avrebbero portato a straordinarie scoperte. Intorno a queste due storie principali ne ruotano diverse altre: quella di Martha, una neuropsicologa clinica, separata e madre, che si innamora di Patricia, quella di un uomo in cura da Martha che racconta sempre la stessa storia come un disco rotto, quella di un altro uomo che sospesi i medicinali per la depressione aveva ucciso la moglie dimenticando poi completamente l'azione compiuta, e molte altre.
Gli attori, Graziano Piazza, Anna Cianca, Giulio Forges Davanzati e Désirée Giorgetti, sono molto bravi a passare da un personaggio all'altro imprimendo a ciascuno una personalità e delle caratteristiche che li rendono riconoscibili agli occhi degli spettatori, aiutati anche da un sapiente gioco di luci e di regia. In un certo senso questo spettacolo non solo parla delle facoltà del cervello umano ma le mette anche in campo attivamente sia da parte degli attori, impegnati in una girandola espressiva e interpretativa, sia da parte degli spettatori che devono seguire con attenzione e riempire i vuoti per comprendere i nessi tra i personaggi e le storie.
Per tutti questi motivi lo spettacolo si lascia seguire con interesse, però - man mano che il tempo passa e le storie si sviluppano - è inevitabile chiedersi dove l'autore voglia andare a parare. E purtroppo questa domanda rimane sospesa fino alla fine e all'uscita dal teatro ci si sente un po' orfani di un senso vero che vada al di là del divertissement narrativo. Al di là delle considerazioni che si possono fare in merito al rapporto tra la nostra identità e la memoria delle nostre esperienze, e pur apprezzando l'ampio lavoro di documentazione che sicuramente sta dietro la scrittura del testo di Nick Payne, a me personalmente la visione dello spettacolo non ha lasciato molto. E questo è sempre un peccato.
Voto: 2,5/5
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