Il titolo di questo film di Philippe Van Leeuw è un neologismo che rende perfettamente l’idea dello stato di assedio e di quasi segregazione in cui si trova questa famiglia siriana che non vuole abbandonare la propria casa: una madre Oum Yazan (la sempre brava Hiam Abbass), i suoi tre figli (due ragazzine e un bambino più piccolo), il nonno, un nipote, la governante, nonché la vicina di casa Alima (Diamand Abou Abboud, già vista ne L’insulto) che si è rifugiata qui con il marito e il figlio piccolissimo dopo che il suo appartamento è stato colpito e in parte distrutto.
Il film ci racconta una giornata nella vita appesa a un filo di queste persone: Alima e la sua famiglia si preparano a fuggire durante la notte verso il Libano, ma quando suo marito esce di casa qualcosa accade che cambia le prospettive della vicenda; Oum Yazan invece non vuole abbandonare la sua casa nonostante il rischio di rimanervi.
La guerra che divampa intorno a loro non la vediamo praticamente mai, ma la sentiamo sotto la nostra pelle attraverso i volti e gli occhi terrorizzati di queste persone, donne, vecchi e bambini, che rischiano la morte ad opera dei cecchini anche solo nell’uscire sul balcone e devono rifugiarsi in cucina quando i bombardamenti sono troppo vicini.
La famiglia vive letteralmente barricata in casa, con la porta di ingresso serrata con le assi di legno e le tende sempre accostate, perché quel poco di normalità che faticosamente cerca di farsi largo all’interno delle pareti domestiche è continuamente minacciata da un mondo esterno che quasi sempre porta terrore e morte.
E così se da un lato la figlia più grande di Oum Yazan amoreggia di nascosto con il cugino, l’altra si affaccia all’adolescenza e il più piccolo scherza col nonno, Oum Yazan cerca di conservare una parvenza di normalità cucinando, pulendo la casa insieme alla governante e occupandosi del padre, dall'altro la paura è compagna costante delle vite di queste persone.
L’invasione domestica e l’aggressione di due loschi figuri, piccoli criminali che approfittano della guerra per compiere le loro scorrerie, crea un momento di tensione altissima che rivela tutta la brutalità della guerra, senza bisogno di dover vedere corpi massacrati e paesaggi in rovina. La brutalità della guerra sta nel suo potere di cancellare l’umanità, di trasformare la convivenza umana in una lotta per la sopravvivenza, in cui è difficile interpretare con le normali categorie morali i comportamenti dei protagonisti.
Un film claustrofobico capace di trasmettere tutta l’angoscia di una vita sotto assedio che non riesce più a essere vita, ma che nondimeno si tiene attaccata fortemente alla speranza di un futuro diverso, per quanto difficile da immaginare per tutti e gravido di tutte le conseguenze che una guerra porta con sé e che certamente non si limitano solo al presente.
Voto: 3,5/5
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