Quando a Roma suona Micah P. Hinson in linea di massima cerco di esserci.
L'ultima volta lo avevo visto alla Church Session di Unplugged in Monti e prima ancora proprio qui al Monk, un posto che evidentemente piace molto ai musicisti stranieri, soprattutto americani, che una volta fatto qui un primo concerto, non si fanno sfuggire la seconda puntata.
Era già capitato con Joan as Police Woman, e ora anche con Micah P. Hinson.
A distanza di un anno esatto dalla precedente esibizione al Monk, il musicista texano torna su questo palco, proponendoci interamente e con nuovi arrangiamenti a distanza di dieci anni l'album The Opera Circuit. A dire la verità, chi conosce questo interprete sa che Micah è in grado di far sembrare la sua musica sempre nuova, anche all'ennesimo ascolto, non solo grazie alle sue interpretazioni ma anche grazie ai musicisti che di volta in volta chiama in causa.
In questo caso la band con cui Micah si presenta è tutta italiana (in parte lo avevano affiancato anche nel concerto di un anno fa), alcuni addirittura di casa Monk. Sul palco insieme a lui ci sono il bravissimo violinista Andrea Ruggiero, il bassista Francesco Cerroni, il batterista Simone Prudenzano e, per alcune esecuzioni, un piccolo ensemble di fiati, due trombe, un sassofono e un trombone, della Med Free Orkestra.
Questa sera Micah ha deciso di spaziare dalle sonorità folk a quelle quasi tzigane, senza dimenticare anche la vena più rock e quella più intimistica. Ogni canzone ha una sua cifra distintiva, il cui fil rouge è la voce inconfondibile del cantante.
Con la sua immancabile sigaretta col bocchino sempre accesa, le sue scarpe da ginnastica rosse, la sua maglietta con la scritta bastard e la sua chitarra imbracciata altissima, Micah P. Hinson, con i suoi movimenti dinoccolati e un po' scomposti, riesce anche oggi a conquistare il pubblico, nonostante le proteste per un pedale che fa un rumore di sottofondo parecchio fastidioso.
La musica di Micah però sovrasta anche il senso di fastidio e il godimento resta molto alto, tanto che al termine della scaletta il ritorno per un bis è praticamente scontato e il bis è di per sé un piccolo concerto (impreziosito da una bella versione di Beneath the rose) che vale il biglietto.
Se volete vedere un po' di foto, oltre a quelle che trovate in questa pagina, ce ne sono anche nel post degli amici di Talassa Magazine che hanno voluto ospitare una mia photogallery.
Ad aprire il concerto di Micah il gruppo di Cesena Sunday Morning, che gli fa da spalla per le tappe italiane (scopro tra l'altro che il primo aprile erano tutti a Conversano, il mio paese natìo). I Sunday Morning sono due chitarre, un basso e una batteria, una formazione classica per un gruppo indie-rock che si rivela gradevole anche se non del tutto originale. La potenza del suono - che affoga quasi completamente la voce di Andrea Cola - sembra essere un'esigenza espressiva per il gruppo che certo non collima con i miei gusti, ma talvolta i quattro musicisti dimostrano di non disdegnare anche qualche nota più sussurrata.
Voto: 3,5/5
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