La terra dei figli / Gipi. Roma: Coconino Press, 2016.
Siamo in un futuro distopico e apocalittico, in cui la terra e l’umanità sono state completamente distrutte e contaminate dai veleni e i pochi sopravvissuti sono regrediti a una specie di stato primitivo in cui persino il linguaggio si è corrotto.
Protagonisti di questa nuova storia di Gipi sono due fratelli che vivono in una capanna sul lago insieme al loro padre. I due vanno a caccia per portare il poco cibo commestibile a casa o alla ricerca di beni da scambiare con il “vicino” Aringo, che ha delle scorte. La vita dei due ragazzi è scandita dalle regole del padre (le cose che non si possono fare, le parole che non si devono pronunciare, le cose che non si devono conoscere), dalle punizioni e dai momenti in cui il padre si siede alla scrivania a scrivere su un quaderno cose che loro non possono sapere perché non sanno leggere.
Alla morte del padre i due giovani – educati a quelle che potremmo definire le regole della giungla – cominceranno ad esplorare il mondo al di là del lago alla ricerca di qualcuno che possa leggergli il quaderno del padre.
Con il suo tratto essenziale e sgraziato, ma che a volte si fa profondamente poetico e quasi commovente, Gipi coglie ancora una volta nel segno raccontandoci l’essenza di un’umanità che – nel bene e nel male – non può scampare dal proprio destino. Questi due ragazzi, che il padre vorrebbe rendere invincibili educandoli alla dura lotta della sopravvivenza e sottraendoli all’ambiguità dei sentimenti e alle conseguenze della conoscenza, non potranno sfuggire al desiderio tutto umano di conoscere e dovranno fare i conti con la forza dell’amore e con tutti i rischi che ciò comporta.
Gipi ancora una volta ci mette a parte del suo "pessimismo cosmico" e di questa formidabile e insensata coazione a ripetere che l’umanità vive nel susseguirsi delle generazioni, frutto di uno straordinario dono che possediamo in via quasi esclusiva (il sentire e il conoscere in funzione della proiezione sul futuro) e che è allo stesso tempo il seme del ciclo infinito di distruzione e rinascita.
Come per altri lavori di Gipi, un racconto potente e toccante, in cui c’è un desiderio fortissimo di speranza, un amore profondissimo per l’umanità e al contempo una sfiducia senza scampo, una tristezza inconsolabile che solo il coraggio dell’incoscienza dei figli è in grado di affrontare.
Voto: 4/5
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