Entro in sala con le bacchette di bambù incartate nella maniera classica giapponese, ma con sopra la locandina del film. È la trovata promozionale – direi geniale seppure non del tutto originale – del film.
E questa premessa dice già molto: Le ricette della signora Toku è un film che più giapponese non si può, e per questo devo ammettere che ha ragione il mio amico M. quando dice che i film giapponesi non si possono davvero guardare doppiati, perché questi giapponesi che parlano in italiano con le voci dei cartoni animati producono inevitabilmente ilarità e ci riconducono alla nostra infanzia in modo non sempre appropriato.
Comunque, la prima parte del film è delicata e leggera come solo i giapponesi sanno essere. Sentaro (Masatoshi Nagase) gestisce un chiosco dove vende i dorayaki, un cibo che i bambini di oggi conoscono alla perfezione perché è il cibo preferito del gatto spaziale Doraemon. Si tratta di fatto di due pancake leggeri, che vengono chiusi a panino con al centro di solito della marmellata di fagioli rossi. Sentaro è un uomo solo e triste, che tutte le mattine si alza, apre il suo negozio e prepara dorayaki, senza mai fare un sorriso ai suoi clienti; ma è anche un uomo buono e ha una simpatia per Wakana (Kyara Uchida), una ragazza con pochi mezzi che per questo è costretta a rinunciare al sogno di studiare.
Un giorno alla sua porta si presenta la signora Toku (Kirin Kiki), un’anziana donna con un evidente problema alle mani che si propone di lavorare per Sentaro e in particolare di occuparsi della marmellata di fagioli.
Da qui inizia un’amicizia che segue il corso delle stagioni: dalla primavera dei ciliegi in fiore, fino all'estate delle foglie verdi e luminose, poi all'autunno dei tappeti di foglie gialle. E specularmente all'andamento della natura, la leggerezza della primavera e la gioia dell'estate verranno presto sostituite dalla malinconia dell'autunno e dalla durezza dell'inverno, quando le storie – difficili e tristi - di Toku e di Sentaro saranno portate allo scoperto.
Ma – come la signora Toku ci insegna – il privilegio della vita è ascoltare quello che la natura in tutte le sue forme ha da dirci per entrare in connessione con noi stessi. E la natura è fatta di cicli, cosicché alla durezza dell’inverno seguirà una nuova primavera e la gioia di una nuova leggerezza che sarà resa più piena dall’esperienza del dolore e dell’amore.
Il film di Naomi Kawase non si può certo definire del tutto originale, e se arrivate al cinema troppo stanchi farete certamente fatica ad apprezzare questo elogio della lentezza e questa filosofia di vita – molto giapponese - incentrata sull'attesa amorevole.
In compenso uscirete dal cinema con una fame notevole e vorrete trovare fuori – più che le bacchette – un cesto di dorayaki caldi ad aspettarvi!
Voto: 3/5
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