Tempi glaciali / Fred Vargas; trad. di Margherita Botto. Torino: Einaudi, 2015.
Diciamolo subito: Tempi glaciali è un Vargas minore. Ossia - dal mio modesto punto di vista - non è uno dei suoi romanzi migliori. Mi sono immaginata la povera Fred Vargas pregata in ginocchio dal suo editore per produrre un nuovo lavoro, essendo ormai passati diversi anni dalla Cavalcata dei morti. E Fred - che forse non aveva più molta voglia di seguire le vite di Adamsberg e colleghi - si è seduta a un tavolino, ha richiamato alla mente tutti i personaggi della saga e le loro caratteristiche e ha costruito una storia usando le sue competenze, ma senza lasciarsi veramente coinvolgere. E così è nato Tempi glaciali.
Il risultato è un romanzo scritto con la consueta maestria dalla scrittrice francese, ma un po' ingessato in una costruzione poco naturalistica. E così è come se, nel corso della lettura, vedessimo sfilare tutti i personaggi che abbiamo imparato ad amare nei romanzi precedenti e per ognuno di loro ci venisse ricordato per cosa li abbiamo amati o - in ogni caso - quali sono le loro specialità. Il tutto però resta slegato dal cuore della storia, quasi giustapposto, non creando quell'empatia profonda a cui la Vargas ci ha abituati.
Il giallo che prova a fare da collante è interessante e si muove tra una vicenda del passato recente (la morte di due persone durante una sfortunata escursione in un'isoletta islandese di un gruppo di turisti francesi) e la lunga coda di un momento storico lontano nel tempo, ma molto importante per i francesi, il periodo post-rivoluzionario, in particolare gli anni di Robespierre (riportati in vita dalle rappresentazioni molto realistiche e filologicamente attente realizzate dalla Società di studi sugli scritti di Robespierre, anch'esse funestate da misteriosi suicidi/omicidi).
Lo spalatore di nuvole Adamsberg - com'è nel suo stile - riuscirà randomicamente a connettere vicende e informazioni apparentemente lontane e prive di collegamenti, che sfuggono al razionale e colto Dangalrd.
Alla fine della lettura il dato più interessante è la full immersion che questo romanzo ci fa fare dentro un momento della storia francese che resta una ferita ancora aperta per questo popolo e dimostra di avere un impatto ancora straordinario sui sentimenti individuali e collettivi.
Ora, però, cara Fred Vargas, lasciami dire una cosa: non sono tra quelli che si aspettano che tu continui a scrivere di Adamsberg per tutta la vita, ma ti prego - se decidi di farlo - fallo solo se vuoi. Non sporcare la purezza e l'intensità del rapporto che in questi anni abbiamo costruito con i tuoi personaggi. Preferiamo perderli di vista piuttosto che sentirli meno veri e meno nostri.
Voto: 3/5
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