lunedì 23 febbraio 2015

Whiplash

Un tempo sarei letteralmente andata in visibilio per un film come questo, che mi pare si collochi perfettamente al punto di intersezione tra Saranno famosi e Rocky, ossia tra le storie di giovani talenti in campo artistico (e musicale) durante il periodo della loro formazione e della lotta per affermare la propria arte e quelle di personaggi (di solito sportivi) che si sottopongono a prove fisiche e psicologiche massacranti per raggiungere un obiettivo.

Qui il protagonista è Andrew (Miles Teller), un ragazzo di diciannove anni che frequenta la Shaffer, la più importante scuola di musica di New York, dove suona la batteria. Andrew si è appassionato alla batteria fin da piccolo e ha un unico sogno, quello di diventare un grande musicista come il suo idolo Buddy Rich e di lasciare il segno nel mondo della musica. E fin qui non siamo molto lontani da tutti i film nati sulla falsa riga di Saranno famosi.

Durante delle prove in solitaria, Andrew viene notato da Terence Fletcher (un J. K. Simmons da Oscar), un insegnante temutissimo ma anche capace di tirare fuori il meglio dai suoi allievi. Da questo incontro tra un giovane totalmente focalizzato sul proprio obiettivo e sulla propria ambizione e un maestro terribile che lo sottoporrà a ogni tipo di umiliazione e di prova per testarne la determinazione e per tirarne fuori il meglio deriva una vera e propria guerra che Andrew combatte innanzitutto contro i propri limiti, puntualmente amplificati da Fletcher. E a questo punto entriamo nel mondo di Rocky e dei suoi epigoni.

L’esito è meno scontato di quanto si potrebbe immaginare e passa per il definitivo affrancarsi di Andrew da Fletcher e per l’imposizione di se stesso e della propria personalità.

Come accennavo, un tempo sarei stata conquistata da un film così, che ti tiene alta la tensione fino all’ultimo e ti fa trattenere il respiro insieme al protagonista fino al liberatorio atto finale. Un tempo mi sarei  identificata in questa forma di passione assoluta che oscura qualunque altro aspetto di sé e della propria vita, in questo desiderio di perfezione, in questo tentativo sovrumano di lasciare il segno nella storia.

E invece oggi in fondo capisco che questo modo di percepirsi e di percepire il mondo circostante è fortemente legato a un’età della vita. Non a caso il protagonista ha 19 anni e il regista Damien Chazelle ne ha poco più di 31. Non si può concepire e – nello stesso tempo – entusiasmarsi per una passione così totalizzante e in parte autodistruttiva come quella raccontata nel film se non fino a quando si è "giovani". Il limite tra la dedizione estrema che sola può forgiare il capolavoro della perfezione e l’annichilimento della persona che nutre talento e ambizione è sottile e quasi impossibile da tracciare; ed Andrew per primo ne farà le spese e ne diventerà consapevole sulla propria pelle.

Due ore di musica jazz suonata ad altissimi livelli (con un assolo finale da brividi), capace di entrare nelle orecchie e nel cuore anche del meno musicale degli spettatori (anche di chi come me ha un orecchio musicale e un senso del tempo quasi inesistenti), due ore di un girato che non ha niente da invidiare a un film d’azione ad alta tensione, sebbene qui il massimo dell’azione sia quella del batterista che si esercita a sangue alla batteria. Quindi, tanto di cappello a Whiplash.

E però, alla fine, di questo film non posso non percepire il profondo maschilismo e solipsismo in cui sono immersi entrambi i protagonisti e che pervade tutto il mondo circostante, e mi chiedo quanto ancora alla mia età (e più avanti) un tale punto di vista sul mondo possa risultare motivante e identificante e quanto invece finisca irrimediabilmente vittima del cinismo e dell’inevitabile disillusione che la vita porta con sé.

Qualcuno l’ha definito l’anti-favola di Hollywood, ma non c’è niente di più simile al mito hollywoodiano di questo film.

Voto: 3,5/5

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