Rughe / Paco Roca. Latina: Tunuè, 2008.
Ho letto dell’uscita dell’ultimo albo di Paco Roca , Le strade di sabbia (che magari prima o poi comprerò), e in questa recensione mi ha attratto in particolare il riferimento ad un lavoro precedente dello stesso autore che ho poi cercato con successo in libreria e che è appunto Rughe.
Questo albo, da cui è stato recentemente tratto anche un film di animazione, ha vinto numerosi premi tra il 2007 e il 2009 ed è stato adottato dall’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer. E dopo averlo letto niente di tutto ciò mi è sembrato sorprendente.
L’autore dedica questo racconto a suo padre e attraverso di lui a un’età della vita difficile, cioè la vecchiaia. In particolare, nell'albo si parla della storia di Emilio, un ex bancario che ora vive con il figlio e la nuora, ma che quando comincia a diventare poco gestibile prende la via della casa di riposo.
Qui il mondo si divide in due: quelli che ancora sono autonomi e che vivono al piano di sotto, dove anche Emilio viene all’inizio destinato, e quelli che stanno al piano di sopra perché resi incapaci di autogestirsi da malattie in stadio avanzato, tra tutte l’Alzheimer.
Il mondo della casa di riposo è un mondo tristemente buffo, in cui c’è Giovanni, ex conduttore radiofonico che ripete tutto quello che sente, la signora Sole che cerca un telefono per chiamare i suoi figli ma alla fine dimentica sempre cosa sta facendo e perché, Rosaria che guarda fuori dal finestrino immaginando di stare sull’Orient Express, Antonia che vive in funzione delle visite di suo nipote, Renato che vive nel ricordo dei suoi successi sportivi, Dolores e Modesto che non vivono l’uno senza l’altra, Felice che ricorda i tempi della guerra, e soprattutto Michele, il compagno di stanza di Emilio, che alla vecchiaia reagisce con il cinismo e un forte desiderio di fuga.
Tutti questi anziani, costretti ormai a una vita monotona e priva di qualunque emozione, sono rimasti aggrappati ai ricordi più forti ed emozionanti della loro esistenza, alle esperienze più significative che hanno vissuto. Per questo, pur interagendo tra di loro, di fatto ciascuno costituisce un’isola incapace di comunicare con il mondo circostante, se non per brevissimi momenti.
L’umanità che trasmettono, la forza dei sentimenti che ancora provano sono però tali da renderli indimenticabili e commoventi. La parabola di Emilio colpito da un Alzheimer con un degrado molto rapido è un pugno dello stomaco; ma la scoperta che in un’umanità così segnata dalla malattia e dal dolore ci sia ancora spazio per l’amicizia e la solidarietà è un’apertura di speranza a cui ci aggrappiamo con tutti noi stessi.
Il disegno di Paco Roca è nitido, pulito; i colori sono utilizzati con misura e sapienza. La sua capacità di dare concretezza e unicità ai volti dei suoi protagonisti, di saperli dotare di un’espressività che non si spezza neppure nei bellissimi ricordi di infanzia che qua e là si aprono nel racconto, è una qualità che contribuisce a dare spessore a questa storia.
Molti anni fa avevo fatto volontariato in una casa di riposo per anziani. Nella signora Antonia, in Michele, in Modesto, in Emilio, nella signora Sole ho ritrovato molte delle persone che ho conosciuto, con le durezze della vecchiaia e anche le infinite forme di tenerezza.
A 20 anni però è difficile (e io non ci sono riuscita) fare da filtro all’energia negativa trasformandola in freschezza e leggerezza, fungere da collante tra mondi slegati e spesso collidenti, interpretare e ricambiare un idiosincratico modo di esprimere affetto, riconoscere un senso a quello che si sta facendo quando dal mondo circostante non ti arrivano conferme.
Da un giorno all’altro non ci sono più andata, senza neanche un saluto.
Resta in me un grande rammarico. E anche vergogna per essermi tirata indietro così.
Chissà se si è mai pronti a mettersi di fronte alla vecchiaia propria e altrui con apertura, generosità e coraggio.
Chissà se qualcuno vorrà e saprà accettare la nostra di vecchiaia.
Noi stessi per primi.
Voto: 4/5
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