La sovrana lettrice / Alan Bennett; trad. di Monica Pavani. Milano: Adelphi, 2007.
La sovrana lettrice è la storia - certo un po' improbabile - di come la regina Elisabetta, grazie a un incontro fortuito con la biblioteca circolante che ogni mercoledì staziona presso il suo giardino e con Norman Seakins, il ragazzo delle cucine che però è un accanito lettore (soprattutto di autori gay), scopra la lettura e, attraverso la lettura, la scrittura e, grazie a lettura e scrittura, il senso di sé, del suo ruolo e del rapporto col mondo circostante.
Alan Bennett, con il suo stile leggero e brillante, ci tratteggia una regina che non fa fatica a imporsi nella nostra testa come l’immagine a suo modo realistica di una donna il cui ruolo è puramente rappresentativo e la cui distanza dalla vita reale è tale da impedirle una vera coscienza di sé.
Il modo totalizzante con cui i libri catturano la regina rappresenta per lei la scoperta che – pur avendo visto tutto e conosciuto tutto – non ha mai potuto davvero apprezzare nulla e fare proprie le esperienze della vita, per la totale assenza di empatia e il completo assorbimento in un cerimoniale di pura teatralità e pochissima sostanza.
La regina – nella penna di Bennett – è un personaggio molto simpatico. Lo è quando è ancora pienamente inserita nel suo ruolo regale, quando ancora manifesta una sufficienza e un cinismo elevati nei confronti di ciò che la circonda, e lo è quando la lettura modifica la sua scala di valori e le sue priorità nella vita fino al sorprendente epilogo.
Quello di Bennett è uno straordinario omaggio alla lettura (e ai libri e alle biblioteche), ma non agli scrittori di cui si mettono semmai in evidenza le idiosincrasie e l’autoreferenzialità.
A un certo punto la regina riflette sul fatto che la lettura è un muscolo che si allena, cosicché più si legge più diventa facile leggere anche le cose più difficili, confermando quanto la scienza ha nel tempo dimostrato, ossia che la lettura non è naturale per il cervello umano, il quale faticosamente apprende questa capacità ed ha bisogno di tenerla allenata e svilupparla nel tempo. Bennett solleva così un tema di grande attualità, che però non è certamente il cuore dell'opera.
A me è piaciuto invece il modo in cui mi è parata vividissima davanti agli occhi questa donna, in tutta la sua regalità, e come altrettanto vividamente mi si è palesata – quasi plasticamente – la sua percezione di insensatezza, la necessità di vivere appieno, di capire, di interpretare la realtà, di conoscerla dall’interno che la travolgono.
Un mio amico dice che c’è chi nasce una volta soltanto, e chi nasce due volte, una alla vita fisiologica e una alla vita interiore. Penso che questo libro sia dedicato a tutti coloro che hanno avuto la possibilità di rinascere.
Voto: 3,5/5
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