Polvere e sangue / Brian Freeman; trad. di A. Colitto. Milano: Piemme, 2010.
Avete presente la serie americana Cold case, quella ambientata a Filadelfia in cui una poliziotta bionda e i suoi colleghi si occupano di casi irrisolti a seguito dell'emergere di nuovi elementi per la riapertura delle indagini?
Ebbene, il libro di Brian Freeman (letto dopo aver fatto un sacrilego scambio di libri in un albergo di Vatera) è proprio come una mega-puntatona di Cold case, in cui il responsabile delle indagini è un uomo, Jonathan Stride, nel cui passato c'è la morte della moglie Cindy e il ricordo doloroso del sanguinoso assassinio di Laura, la sorella di Cindy. Assassinio compiuto con una mazza da baseball e avvenuto nel parco affacciato sul lago, quando Laura aveva solo 17 anni.
L'arrivo di Tish, che ha abbandonato il paese prima della morte di Laura, e la sua intenzione di scrivere un libro su questo assassinio riporterà a galla ricordi, segreti ed emozioni da tempo sommersi.
Più che un romanzo una vera e propria sceneggiatura, scritta con un gusto visivo e un tenore emotivo molto americano.
Avvincente, si legge tutto d'un fiato con il desiderio pulsante di arrivare all'ultima riga. Un giallo ben scritto che però evoca un'atmosfera culturale e naturalistica profondamente diversa dai due gialli che avevo letto immediatamente prima, quello di Fred Vargas e quello di Anne Holt. E l'americanità - non so perché - finisce per essere quasi sempre un disvalore.
Però, peccato non avere un quarto giallo da leggere in volo e durante l'attesa all'aeroporto di Atene!
P.S. Non mi chiedete in prestito il libro di Freeman, perché preso a Vatera e dopo aver fatto con me il giro dell'isola ho deciso di lasciarlo nell'albergo di Agios Isidoros per il prossimo lettore italiano di gialli che, passando da quelle parti, si trovi senza neppure un libro da leggere.
Voto: 3/5
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