L'uomo a rovescio / Fred Vargas; trad. di Yasmina Melaouah. Torino, Einaudi, 2006.
Io e gli aerei evidentemente non abbiamo un buon rapporto. Dopo essere atterrata a Londra qualche anno fa nel pieno dell'uragano Kyrill, parto per il weekend per Madrid e, a causa dell'eruzione di un impronunciabile vulcano islandese che sputa le sue ceneri nere in mezza Europa, scoppia la più grossa crisi del traffico aereo di sempre. Migliaia e migliana di voli cancellati, centinaia di migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporti. Impossibile prevedere come e dove si sposterà la nube di cenere. E io devo ripartire.
No, non è un'opzione. Devo ripartire. C'è qualcuno che mi aspetta da qualche parte, oltre il Mediterraneo occidentale. E io non riesco a pensare che possa esistere qualcosa indipendentemente da quell'incontro.
Così, attesa dopo attesa, paura dopo paura, ansia dopo ansia, cerco di distrarmi leggendo L'uomo a rovescio, la tessera mancante nel mio personale itinerario di lettura attraverso la saga del commissario Adamsberg.
Scopro così che anche il libro che sto leggendo parla di un incontro possibile, ma per niente scontato, quello tra un albero e il vento che gli passa tra i rami, a volte senza fermarsi.
Devo aspettare metà libro perché questo incontro si compia, ma Adamsberg e Camille sono come l'albero e il vento e si scambiano continuamente i ruoli. Si cercano, si aspettano, si sfuggono, si perdono, si ritrovano, perché Camille è "la naturale inclinazione" (p. 263) di Adamsberg e Adamsberg lo è di Camille. Ed è "come se una parte di sé, infinitesimale ma decisiva, l'aspettasse costantemente sull'orlo dei suoi occhi" (p. 218).
Insomma, Camille e Adamsberg sono tenuti insieme - oppure separati - da quella cosa che si chiama "Destino. [...] Eventualità, incontri. Caso, circostanza che fa trovare, fortuitamente o no, una persona o una cosa" (p. 328). Quella parola che in Spagna usano per indicare il concetto che noi chiamiamo "destinazione" e che, in questo momento, il capitano del mio aereo (partito!) sta ricordando.
Destino, destinazione, caso, caos. Le sento vicine queste parole e tutte inestricabilmente collegate alla mia vita in questo momento.
E così, ancora una volta, del presunto lupo mannaro che sgozza pecore e uomini nel Mercantour mi interessa il giusto, ma Vargas di nuovo mi cattura con quella sottotrama emotiva e verbale che rende i suoi libri del tutto speciali per me.
Certo, non c'è il mio amato Danglard, ma sono indimenticabili i personaggi di Salomon e il Guarda. E Salomon sembra parlare proprio a me quando dice a Camille: "L'esitazione è il lusso dei saggi". E lei risponde: "La saggezza mi annoia". Cosicché riprende: " Allora non pensarci su. Agisci. L'audacia è il lusso delle menti libere" (p. 192).
Ed eccola la mia destinazione. Nemmeno la più grande crisi aerea di sempre riuscirà a tenermi lontana dal mio destino.
P.S. Questo post è dedicato al mio destino e al momento in cui l'incontrerò faccia a faccia. Perché provo "diffidenza nei confronti di quell'aggeggio [il telefono], inadatto a comunicare qualunque situazione un po' delicata. Il telefono era pensato per la conversazione all'ingrosso e al mezzo grosso, di sicuro non per il dettaglio" (p. 202).
Voto: 4/5
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