Partiamo dalla fine: il mio voto non sarà 5/5 e nemmeno 4/5 come ho visto in molte recensioni anche autorevoli in rete e su carta, perché il film ha di certo innegabili meriti ma non mi ha del tutto convinto.
Indubbiamente Jason Reitman fa un'operazione eccellente, utilizzando i canoni e il linguaggio tipici della commedia americana per veicolare temi e riflessioni molto più complessi e meno clear-cut, come direbbero gli americani.
Non v'è dubbio che il tema è di quelli estremamente caldi, la crisi economica e i conseguenti licenziamenti di massa che le aziende americane stanno operando, anche con l'aiuto dei "cacciatori di teste", incaricati di comunicare ai dipendenti il loro licenziamento per conto dei manager.
Ryan Bingham (George Clooney) è proprio uno di loro, uomo vicino alla mezza età che ha fatto del proprio lavoro l'occasione per sviluppare e mettere in atto una filosofia di vita, quella che egli stesso definisce "dello zaino vuoto". In pratica, Bingham teorizza che ciò che possediamo (oggetti, casa, macchina ecc.) e i legami che costruiamo (famiglia, moglie, figli, amici) sono il fardello più pesante che ci portiamo dietro, quello che ci impedisce di essere realmente liberi.
Ancora una volta (come già aveva fatto in parte con Juno), Reitman, che qui è anche sceneggiatore, riesce ad affiancare sapientemente ad una tematica di sistema, la crisi economica, una più privata, ma allo stesso tempo universale, quella del difficile equilibrio tra libertà individuale e bisogno di radici e di una rete stabile di relazioni. E ne parla in particolare attraverso il rapporto tra Bingham e due donne: Alex (Vera Farmiga), donna manager come lui sempre in volo e in transizione da una città ad un'altra, e Nicole (Anna Kendrick), giovanissima collega che lo affianca per un po' per "imparare il mestiere".
Bello il confronto generazionale tra Nicole, ventenne con la vita davanti, solide certezze, ma anche tante paure, idee chiare, ideali e illusioni ancora in piedi, e Alex, che da un pezzo ha superato la trentina e che è ormai scesa a patti con la vita, ne ha compreso le sfumature di colore e dunque non si aspetta quasi niente e prende quello che può, sebbene ad un costo personale molto elevato.
Ora, probabilmente, abituati ai film americani, già starete pensando all'inevitabile conclusione. Ebbene, dimenticatela, perché il film, sebbene talvolta abbia qualche cedimento quasi-sentimentale, non si fa tentare dalle soluzioni facili e precostituite, non fornisce risposte consolatorie, non ci manda a casa col cuore sollevato.
Cos'è meglio, tenere lo zaino vuoto e perseguire il sogno di una vita leggera e senza legami, ma inevitabilmente affetta dalla solitudine, oppure cercare evasione dai propri legami stabili e dalla propria vita "vera" in una vita parallela che ci dia ancora l'illusione della libertà, o ancora credere ingenuamente nell'eternità e felicità di un legame fino a farsi imporre improbabili scelte di vita?
Sarebbe bello avere una risposta, così come sarebbe bello poter pensare che il cinico Bingham si redima e trovi la felicità, ma Tra le nuvole non è quel tipo di film, anche quando fa finta di esserlo.
Un'ultima annotazione: colonna sonora di grande effetto e qualità, con una menzione particolare per Angel in the snow del grande e purtroppo prematuramente scomparso Elliott Smith. Di seguito una versione cover.
Voto: 3,5/5
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