Calais, luogo dove gli immigrati provenienti da ogni parte del mondo si riversano al porto con la speranza di trovare un modo di attraversare la Manica e raggiungere il suolo inglese. Tra masse di gente disperata e bloccata per mesi in questa terra di nessuno c'è Bilal (Firat Ayverdi), un diciassettenne curdo che vuole raggiungere la sua fidanzata che abita a Londra con la famiglia. Frequentando la piscina locale dove spera di allenarsi per attraversare la Manica a nuoto, Bilal incontra Simon (Vincent Lindon), che diventerà per lui quasi un padre in un rapporto dagli esiti non del tutto scontati.
Il regista, Philippe Lioret, sceglie il piano dei sentimenti per raccontare il tema dell'immigrazione in termini meno stereotipati di quanto la stampa di solito non faccia. E in parte ci riesce, trasmettendoci la complessità della questione, i cui protagonisti hanno ciascuno proprie colpe e responsabilità, ma sono al contempo vittime di un sistema che ha raggiunto un insuperabile cortocirtuito.
Peccato che il film non riesca a mantenersi in quel difficilissimo equilibrio capace di descrivere le persone per quello che sono: anime fragili, difettose, capaci di grandi slanci e, al contempo, di terribili meschinità.
Peccato che a un certo punto del film si cominci a delineare una chiara linea di demarcazione tra i buoni e i cattivi e che i personaggi principali ne escano un po' troppo santificati come in una bella favola. Ma forse il regista non aveva intenzione di realizzare un film intimo, bensì un racconto dotato di una morale più o meno evidente.
Personalmente, avrei preferito che il regista continuasse a scavare nelle pieghe dell'animo umano e a scovarne i motivi non sempre edificanti che a volte ci spingono anche a fare gesti di generosità. E infatti, dal mio punto di vista, trovo che la cosa più interessante del film sia il delicato triangolo di sentimenti che si crea tra Vincent, sua moglie (da cui si è appena separato ma ancora ama) e Bilal.
Quando però la storia prende la china del melò e chiama alla lacrima, pur restando efficace e realizzando perfettamente il suo scopo, a mio avviso risulta più debole.
Sinceramente, mi lasciano un po' perplessa alcune critiche entusiastiche che ho letto in giro; ne capisco e condivido la motivazione ideale, ma la valutazione del piano cinematografico non può essere solo di questo tipo.
Certo il tocco del regista è delicato, la recitazione di Vincent Lindon è straordinaria, e forse lo stesso film fatto in Italia non avrebbe avuto lo stesso appeal e la stessa sensibilità di fondo, ma a me che tendenzialmente apprezzo il cinema francese per la sua discrezione e il suo minimalismo questo film è sembrato in qualche modo eccessivo.
In ogni caso, andatelo a vedere, perché è pur sempre una eccellente occasione per riflettere sullo svuotamento di significato che il concetto di accoglienza (Welcome!) sta subendo in tutto questo nostro "povero" mondo occidentale.
Voto: 3/5
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