Semplicemente dieci anni della storia di Camilla (Isabella Ragonese) e Silvestro (Michele Riondino), amici, nemici, conoscenti, estranei e solo alla fine - forse - amanti.
In questi dieci anni succede tutto (storie d'amore, lauree, amicizie, figli) e, allo stesso tempo, niente. Certo non tutto ci viene raccontato - com'è giusto che sia -, solo frammenti delle vite dei due protagonisti, quelli che li fanno incontrare volontariamente o casualmente, nella bruma veneziana o tra la neve di Mosca.
Camilla e Silvestro inevitabilmente ci riportano alla mente la storia di Sara (Lorenza Indovina) e Marco (Fabrizio Gifuni), protagonisti del film Un amore, di Gianluca Maria Tavarelli, anche loro legati da un filo che non si spezza, ma nemmeno intreccia, sospesi in un rapporto cui dare un nome sarebbe delittuoso.
Nel suo minimalismo narrativo, Dieci inverni mi ha fatto però anche pensare in certi momenti a un altro film che ho molto amato, Un cuore in inverno, di Claude Sautet. Anche lì si riflette sul mistero dell'amore, quel sentimento che respingiamo per paura e poi dolorosamente e disperatamente cerchiamo.
Camilla e Silvestro sono in fondo anche loro due cuori in inverno che non si incontrano mai; ed è bellissima la scena in cui dall'alto li vediamo in un "campo" veneziano, separati da una chiesa, entrambi scorgono un prete al centro della piazza che trasporta un alberello, ma tra loro non si vedono e ognuno prosegue per la sua strada.
In fondo, è proprio questa in sintesi la loro storia: non si vedono o fanno finta di non vedersi, ciascuno trattenuto a terra dalla morsa di gelo che soffoca i sentimenti e che di volta in volta si manifesta sotto forma di egoismo, di orgoglio, di infantilismo, di paura, di superficialità, di meschinità.
E anche quando si incontrano chissà se poi si incontrano davvero...
Un gioiello la canzone di Capossela, Parla piano, che contribuisce a trasmettere al film di Mieli quella malinconia dell'incompiutezza e della solitudine da cui le nostre piccole vite umane sono inevitabilmente affette.
Se Lo spazio bianco era una riflessione sulla dilatazione del tempo che per quanto breve sembra interminabile se vissuto nell'attesa, Dieci inverni ci fa riflettere sul fatto che il tempo può avere percorsi lunghissimi e tortuosi, ma dieci anni possono essere come dieci giorni nella percezione di chi insegue qualcosa senza mai afferrarla.
Alla fine, resta anch'esso sospeso l'interrogativo: viviamo in balìa dell'intrinseca imperfezione dell'esistenza o della nostra incapacità soggettiva di placare i tumulti dell'animo e di riempire la nostra solitudine?
"Quando ami qualcuno
meglio amarlo davvero e del tutto
o non prenderlo affatto [...]
Che ti dà che mi dà
affidarsi a te non fidandomi di me"
(qui il testo completo della canzone di Capossela)
Voto: 4/5
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