Fred Vargas, Un luogo incerto, trad. di Margherita Botto. Torino, Einaudi, 2009.
Sto leggendo i libri della Vargas (per il momento solo quelli che hanno come protagonista il commissario Adamsberg) in ordine sparso, sforzandomi ogni volta che ne leggo uno, di riannodare i fili di quell'orditura di fondo che li caratterizza, avanti e indietro nel tempo.
E così leggo l'ultima avventura del commissario subito dopo aver letto Sotto i venti di Nettuno e ci metto un po' a capire a che punto siamo, però dopo un pò facilmente mi oriento e tutto sommato trovo bello questo percorso alternativo e del tutto personale.
Certamente, il confronto ravvicinato con quelli che considero finora i suoi romanzi più belli, Parti in fretta e non tornare e, appunto, Sotto i venti di Nettuno, non giova alla mia lettura e al mio giudizio su quello che leggo. La prima metà mi intriga abbastanza, ritrovo il mio caro commissario e il suo straordinario approccio alla vita e molti altri dei personaggi che amo.
Ma già lo spazio limitato che hanno il grande Danglard e la mitica Retancourt mi indispone un po'... Poi, pur senza fare nessuna fatica a entrare nella storia, dopo un po' la avverto faticosa e un po' tirata, alcuni passaggi narrativi davvero forzati, e questa ambientazione serba poco consona al nostro Adamsberg.
Certo, è pur sempre la Vargas e la sua scrittura mi piace, così come mi affascina sempre il fatto che le sue storie sono molto ben documentate e a tratti istruttive (in questo caso, vampiri e dintorni)... Trovo alcuni passaggi quasi illuminanti per la filosofia di vita che si portano appresso.
Però... resta un però... non è certamente il suo miglior libro. E d'altra parte per una che scrive i suoi libri nel suo mese di vacanza può essere ancor più vero e accettabile che non tutte le ciambelle riescono col buco.
Voto: 2,5/5
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