Sotto gli alberi di Udala / Chinelo Okparanta; trad. dall'inglese di Tiziana Lo Porto. Roma: Edizioni e/o, 2023.
Subito dopo aver finito di leggere Metà di un sole giallo di Chimamanda Ngozi Adichie, continuando a seguire la mia attuale passione per gli scrittori e soprattutto le scrittrici provenienti dall'Africa, mi sono buttata a capofitto nella lettura di Sotto gli alberi di Udala.
Rimaniamo in Nigeria e in qualche modo possiamo dire che il libro di Chinelo Okparanta inizia più o meno dove finisce quello della Adichie. Siamo alla fine degli anni Sessanta e la Nigeria è devastata dalla guerra civile che metterà in ginocchio la popolazione del Biafra. È in questa situazione che il padre della giovane Ijeoma decide di lasciarsi morire sotto un bombardamento, rifiutandosi di seguire la moglie e la figlia nel bunker che hanno costruito. Da qui inizia il tormentato rapporto di Ijeoma con sua madre, segnato innanzitutto dalla scelta di quest'ultima di mandare Ijeoma a vivere da una coppia che provvederà alla sua istruzione e che Ijeoma ricambierà facendogli da donna di servizio.
È durante la permanenza nella casa del professore e della moglie che Ijeoma conoscerà Amina, una ragazza musulmana hausa che durante la guerra ha perso i contatti con la famiglia. In maniera naturale le due ragazze si innamorano, ma dopo essere state casualmente scoperte vengono separate. Da quel momento la madre di Ijeoma inizierà un'azione di "educazione religiosa e sentimentale" per ricondurre Ijeoma su quella che ritiene essere la retta via. Sulla strada di Ijeoma ci sarà però ancora una donna, Ndidi: ma la società nigeriana con la sua profonda omofobia, che in buona parte discende dalla pervasiva educazione cattolica, rende la scelta di Ijeoma difficile se non impossibile e la spinge verso la normalizzazione, un marito e poi un'amatissima figlia, fino al momento della consapevolezza definitiva, di non poter vivere per sempre nella menzogna e di avere diritto a un po' di felicità.
Il libro di Chinelo Okparanta getta luce su un altro aspetto della società nigeriana e introduce un tema che - se già nel mondo occidentale non è ancora del tutto scontato e pacifico - in un paese africano in cui la religione ha un ruolo importante è dirompente e rivoluzionario.
E di questo le va dato certamente merito. La storia è appassionante e con trasporto si seguono le vicende e i sentimenti di Ijeoma nell'arco di diversi decenni, e attraverso le sue numerose vicissitudini.
Io personalmente continuo a imparare delle cose della Nigeria, dei popoli che la abitano, delle sue tradizioni, del suo cibo e tanto altro, e questo non può che farmi piacere, e - anche grazie alla storia raccontata - ancora una volta, nonostante la distanza culturale non faccio fatica a empatizzare con la protagonista e a percepire pienamente i suoi sentimenti, che evidentemente sono dell'essere umano in quanto tale.
Devo però ammettere che siamo lontani anni luce dalla scrittura di Chimamanda Adichie. La Okparanta scrive bene e si legge gradevolmente, ma i romanzi della Adichie sono secondo me di un altro livello di raffinatezza e di complessità, linguistica e concettuale. Ciò detto, ben vengano le scrittrici e gli scrittori africani tradotti e distribuiti in Italia, perché abbiamo bisogno di conoscere altri punti di vista e altri mondi, e in questo la letteratura è forse uno dei pochi strumenti che davvero sono alla portata di tutti.
Voto: 3/5
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