Partiamo dal titolo e dalla locandina italiana. Con un titolo come Una bugia per due e una locandina che mostra un uomo e una donna con un bicchiere in mano è facile pensare che il film di Rudy Milstein sia la tipica commedia romantica francese, attirando così al cinema un tipo di pubblico che ovviamente resterà deluso da quello che lo aspetta.
Il titolo originale del film Je ne suis pas un héros mi pare alquanto criptico ma tutto sommato più coerente con i contenuti effettivi del film, che potremmo definire la "classica" commedia sociale francese (in cui il romanticismo se c'è è solo accessorio).
Il protagonista è Louis (Vincent Dedienne), un giovane avvocato che da un anno circa lavora in uno studio legale nel quale nessuno sembra accorgersi di lui, anche perché Louis è un ragazzo gentile e imbranato - il classico sfigato - che fa fatica a essere preso sul serio.
Le cose cambiano a seguito di due eventi. Il primo è il coinvolgimento di Louis - grazie all'incontro con Elsa (Clémence Poésy), la responsabile dello studio legale - nella causa in cui lo studio difende un'azienda accusata da un gruppo di cittadini di essere responsabile, a causa dei pesticidi utilizzati, delle diagnosi di cancro. Il secondo è la diagnosi di cancro che lo stesso Louis riceve e che si rivelerà errata, ma che darà luogo a una serie di "equivoci" che metteranno il giovane di fronte a una serie di dilemmi morali.
In particolare, Louis si troverà a fare i conti con un momento di inattesa popolarità a causa della presunta malattia e con una posizione di vantaggio nella causa in corso, al punto da essere inviato da Elsa a convincere le vittime, capeggiate da Héléne (Géraldine Nakache), ad accettare una somma in denaro.
Intorno a lui personaggi che oscillano tra il comico e il drammatico, a partire dai suoi genitori per arrivare al suo vicino di casa, Bruno (interpretato dallo stesso regista), fino a Julien, uno dei malati di cancro di cui Louis diventerà amico.
Nella commedia di Milstein si ride di Louis e degli altri personaggi, spesso sopra le righe o in qualche maniera buffi e imbarazzanti (come il vicino Bruno che a seguito di un ictus non prova alcun sentimento e non ha alcun filtro sociale), ma ci si interroga sul tema della responsabilità.
Di fronte a un mondo del lavoro sempre più competitivo e a ingiustizie sempre meno redimibili, non facciamo fatica a immedesimarci in Louis, che deve fare i conti con il limite morale oltre il quale non è accettabile spingersi e che - non avendo la stoffa dell'eroe, come invece l'idealista Héléne - rischia di diventare strumento attivo di ingiustizia e oppressione di chi è più debole.
È una commedia, e si può immaginare dove vada a parare, ma narrativamente e cinematograficamente il film è ben costruito e riesce piuttosto bene a coniugare godibilità e attivazione di senso. Uscendo pensavo a cosa sarebbe diventata una materia del genere - che facilmente può deragliare - in mano italiana. I francesi invece questo tipo di cose le sanno fare piuttosto bene.
Voto: 3,5/5
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