Il Monk è un posto di Roma che amo molto. Mi piace la location, mi piacciono gli spazi esterni, il giardino, e soprattutto amo molto la sala dei concerti dal vivo dove ho visto molti concerti, alcuni bellissimi, altri meno belli, ma sempre in un'atmosfera piacevole e quindi con un esito emotivo molto positivo.
Così, appena è ripartita la stagione dei concerti dopo il Covid ho comprato un paio di biglietti di artisti che conoscevo e che non mi sarebbe dispiaciuto ascoltare dal vivo, soprattutto visto che la location era appunto questa. Uno dei due, quello dei Low Roar, è purtroppo saltato, mentre per fortuna Joshua Radin non ha mancato l'appuntamento, anche perché - come ci dice lui stesso appena salito sul palco - fare un concerto una sera durante le proprie vacanze è qualcosa di molto piacevole.
Io entro in sala, dopo aver cenato all'Osteria del Monk, quando sta già cantando la musicista che fa l'opening di Radin: si tratta di Vitto, una giovane italiana che canta prevalentemente in italiano, ma ci propone anche due canzoni in inglese, visto anche il pubblico piuttosto internazionale (ci sono moltissimi americani venuti al Monk per ascoltare Radin, che evidentemente è molto più conosciuto nel mondo anglofono, come lui stesso ammette più volte). Vitto fa un piccolo concerto di sola chitarra e voce, con semplicità e bravura, e devo dire che mentre sulle prime sono un po' perplessa via via finisco per apprezzare i suoi testi schietti, la sua voce, e il suo modo genuino di interpretare le canzoni e di stare sul palco. Brava.
Dopo una breve pausa - considerato che non ci sono grandi allestimenti del palco da fare - arriva Joshua Radin con il suo cappellone un po' da cowboy e il pubblico è già piuttosto in visibilio. Io sono in prima fila, e ho a sinistra due ragazzi americani che sanno le sue canzoni a memoria e si dimenano a ogni nota di inizio di una nuova esecuzione e a destra una coppia - sempre di americani - che a un certo punto del concerto fa anche una richiesta di dedica di una canzone.
Io mi sento quasi fuori posto, visto che di Joshua Radin avevo comprato tantissimi anni fa un CD e poi credo di aver preso un altro paio di suoi lavori, ma non sono certo una che sa le sue canzoni a memoria (del resto forse non posso dire questa cosa praticamente di nessun cantante). Lo trovo gradevole, ma mi sfiziava l'idea di ascoltarlo dal vivo.
Quello di Radin è un concerto semplice, fatto di parole scambiate con il pubblico e tante canzoni, alcuni eseguite addirittura unplugged, solo voce e chitarra senza amplificazioni. Lui è piuttosto timido, accenna più volte a quanto tempo ci ha messo nella vita a volersi bene e a stare bene: dà l'idea di una persona non pacificata, ma che con l'età in qualche modo ha trovato un suo modus vivendi.
Il concerto fila via liscio. Joshua non ha una scaletta: ci fa ascoltare qualche canzone nuova, addirittura una inedita, poi canta canzoni da album molto vecchi, qualcuna su richiesta del pubblico. E con l'auspicio che noi continuiamo la nostra serata chissà dove, ci saluta. Ovviamente il pubblico lo richiama a gran voce, e così Joshua torna per un'ultima canzone prima di congedarsi definitivamente.
Voto: 3,5/5
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