Nell'ambito dell'ormai tradizionale festival bolognese Gender Bender io e S. andiamo a vedere questo documentario di Nicolò Bassetti che era passato nelle settimane precedenti in un'arena romana senza che io riuscissi a vederlo. Ovviamente vederlo a Bologna, dove il film è stato girato e da dove provengono i protagonisti, è un'altra cosa, tanto più che in sala ci sono tutti: il regista e i quattro ragazzi, Andrea, Nic, Leo e Raffi.
Prima della visione del film, il regista ci spiega che l'idea del film è nata dopo che ha ricevuto una lettera molto intensa da sua figlia, nel momento in cui questa aveva deciso di iniziare un percorso di transizione F to M. È stato per capire questa scelta e per farla capire che Bassetti si è messo in contatto con il Movimento Identità Trans di Bologna, attraverso il quale ha infine preso contatti con i ragazzi che ha seguito per circa quattro anni prima di procedere alla confezione del film.
Nic vive in un casale sui colli bolognesi insieme alla sua compagna, e persegue sia l'obiettivo di completare la transizione con il cambio dei documenti sia quello di abbracciare uno stile di vita a contatto con la natura.
Andrea ama scrivere e non si separa mai dalla sua Olivetti rossa; il suo percorso di transizione passa anche attraverso l'accettazione di un corpo imperfetto.
Leo sta registrando un podcast sull'identità trans, attraverso cui si interroga e interroga i suoi amici sui loro vissuti, al fine di porre domande ma anche dare risposte.
Raffi balla lo swing e costruisce una bicicletta da corsa rosa con cui andare in giro per la città.
Tutti devono fare i conti con un iter burocratico lungo e complesso che segna le tappe della loro transizione, ma la percezione che il film trasmette è che, pur non mancando i momenti difficili e faticosi, questi quattro ragazzi stiano percorrendo in piena libertà e consapevolezza la strada che hanno scelto per sé stessi, e questo regala loro momenti di una felicità e di una pienezza mai provate.
Le loro storie sono in parte simili per quanto riguarda alcuni momenti del loro vissuto (soprattutto infantile e adolescenziale), in parte diverse in virtù delle loro differenti personalità e sensibilità. Tutti cercano un corpo maschile, ma questo interagisce in modi diversi con il proprio orientamento e la sessualità; del resto un corpo nuovo influenza la percezione di sé e anche i propri comportamenti, cosicché il loro è un percorso a ostacoli tra stereotipi che li minacciano su numerosi fronti. Come ci diranno loro stessi al termine della visione, il documentario - com'è inevitabile che sia - fotografa e in un certo senso cristallizza un momento delle loro vite, e può rappresentare solo un momento del percorso e raccontare la verità di quel momento, senza pretendere forme di assolutismo e senza poter ipotecare i percorsi futuri.
Però - come regista e protagonisti tengono a dire - si tratta di una verità e di una realtà che era necessario raccontare. E direi che Nicolò Bassetti riesce a farlo in un modo rispettoso ed equilibrato, e se l'impianto narrativo è sicuramente suo le scelte su cosa mostrare sullo schermo e quanto entrare nel privato di ognuno sono state condivise con i protagonisti.
Il tema - come sappiamo tutti - è di quelli su cui il dibattito è acceso e le posizioni molto polarizzate. Credo però che questo documentario assuma l'atteggiamento giusto, volendo primariamente parlare di persone: da questo racconto emergono tante domande e riflessioni, e forse alcune risposte.
Quello che è certo è che la società e l'essere umano da millenni cercano il migliore compromesso possibile tra la libertà individuale e il sistema costituito, ricerca resa nel tempo persino più complessa dalle possibilità che scienza e tecnica hanno via via messo a disposizione. Le risposte possibili cambiano ed è compito di tutti e di ciascuno provare a comprendere e a immaginare mondi differenti, su questo tema come su molti altri che hanno a che fare con ciò che riguarda la nostra identità e le nostre scelte.
In realtà siamo solo all'inizio di un percorso volto probabilmente a decostruire le categorie in cui finora abbiamo voluto costringere noi stessi e i nostri sentimenti, nella consapevolezza di una complessità che certamente non può avere risposte semplici.
E comunque una cosa è ormai evidente: il documentario sta diventando la forma narrativa più interessante e creativa per i nostri tempi, forse approfittando della relativa mancanza di idee che attanaglia invece la fiction.
Voto: 4/5
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