Shanghai baby / Zhou Weihui. Milano: Rizzoli, 2001.
Quella di leggere il romanzo di una scrittrice cinese è certamente un’esperienza interessante.
Lo è per la lingua che – sebbene resa il più vicina possibile all’italiana grazie alla traduzione – rivela una struttura completamente diversa. Lo è per la costruzione del pensiero e per le modalità di espressione dei sentimenti che evidentemente rispecchiano le strutture linguistiche e le tradizioni culturali di un paese molto lontano dal nostro.
La storia narrata in Shanghai baby è molto semplice: una giovane donna che vive a Shanghai e che ha pubblicato un libro di racconti sta tentando di scrivere un romanzo che ne consacrerebbe lo status di scrittrice. La donna si innamora di un uomo conosciuto in un bar che si rivelerà impotente e successivamente eroinomane, ma a cui sarà legata da un amore tenero e profondo. Nella sua vita comparirà a un certo punto Mark, un tedesco sposato, con cui avrà una lunga relazione basata su una forte intesa di tipo sessuale.
Intorno si muove un mondo composto di numerosi personaggi più o meno indimenticabili.
La lettura è interessante e a tratti appassionante, ma resta la sensazione di una discontinuità, una specie di modalità sincopata di raccontare il mondo interiore, unita a una modalità sorprendentemente diretta di affrontare temi e sentimenti anche molto delicati.
In definitiva, l’inevitabile distanza culturale mi ha reso difficile un processo di pieno assorbimento che – indipendentemente dal grado di identificazione o meno con i personaggi – è quello che di solito ci consente di comprenderne i pensieri e l’evoluzione psicologica.
La lettura di questo romanzo resta però dal mio punto di vista un’esperienza interessante e che può valere la pena di fare.
Voto: 2,5/5
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