La carne / Cristò. Castel di Sangro: Neo edizioni, 2020.
Cristò Chiapparino è di Bari e lavora in una libreria. E io l’ho scoperto come scrittore de La carne grazie alla mia ormai prediletta Libreria Bistrot Skribi di Conversano, che qualche tempo fa pubblicizzava questo libro sulla sua pagina Facebook.
L’argomento del romanzo di Cristò è molto lontano da quelli che di solito leggo: si parla di un futuro distopico nel quale a causa di un virus che si sta diffondendo tra gli esseri umani, molti di questi si trasformano in zombie destinati da un lato all’immortalità, dall’altro alla ricerca ossessiva di carne di cui cibarsi. Sono zombie innocui, ma la loro stessa esistenza in mezzo agli esseri umani crea inquietudine, anche perché tutti hanno qualcuno di caro che ha avuto questo destino.
Sarà che questa nostra convivenza con il virus Sars-CoV-2 ha fatto in parte risuonare questa trama con l’esperienza che stiamo vivendo da ormai un anno; fatto sta che sono stata inaspettatamente attratta da questo libro che probabilmente in altri momenti della mia vita mai avrei scelto di leggere.
Ne La carne c’è un io narratore: si tratta di un vecchio che ricorda con nostalgia il mondo com’era quando lui aveva 8 anni, il virus non esisteva e gli uomini morivano a un certo punto della loro vita; questo mondo è stato spazzato via dalla comparsa del virus e nell’esperienza personale del narratore da un episodio traumatico che ne ha condizionato l’esistenza e gli ha rivelato per la prima volta l’esistenza degli zombie. Questa narrazione si svolge parallelamente a quella che vede protagonista Tancredi, un medico che a un certo punto comincia a diventare destinatario di foglietti con scritte apparentemente incomprensibili che i suoi pazienti tracciano nel sonno in una condizione di sostanziale incoscienza.
Queste due narrazioni - che iniziano separate e temporalmente sfalsate - progressivamente si avvicinano sempre di più, fino a dialogare “letteralmente”, per poi convergere in quello che mi è sembrato un classico caso di paradosso temporale.
La scrittura di Cristò è immaginifica e originale; lo scrittore è in grado di costruire un universo “credibile” e di renderlo visivamente presente al lettore, contribuendo al coinvolgimento narrativo. A me che sono particolarmente sensibile a queste cose alcune scene “splatter” ai limiti dell’horror hanno suscitato un’impressione molto vivida.
Sicuramente si tratta di una lettura sorprendente, anche se dal mio personale punto di vista appartiene un po’ a quella categoria di romanzi che durante la lettura mi suscitano aspettative crescenti e forse esagerate che poi si scontrano con sviluppi narrativi deludenti o comunque non del tutto all’altezza.
Verso il finale – che pure riserva un colpo di scena ben congegnato e non del tutto prevedibile – il romanzo si fa un po’ cervellotico e a tratti secondo me sconclusionato, oppure sono semplicemente io che sono abituata a un tipo di struttura narrativa più lineare e “razionale”.
In definitiva, però, non solo sono contenta di aver letto il romanzo, ma mi sta frullando nella testa che voglio dare a Cristò una seconda possibilità e leggere un altro suo romanzo (ho adocchiato La meravigliosa lampada di Paolo Lunare) per capire se è vero che questo autore a suo modo sta creando una specie di genere letterario a sé, come taluni dicono.
Voto: 3/5
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!